Francesco Villari – L’ULTIMA: QUELLA DELL’UNA E VENTINOVE

 

 

 

le parti basse fanno il loro dovere che mi
perdona la fase di stanca.

le gatte morte son morte e non tornano.

 

nell’angolo il predatore di cibo,

forzo la porta ed entro.

le tenue sonorità che di sottofondo

annaffiano la sala, sono soldi al punto di
partenza.

una zecca ne conia il marchio
imprescindibile e valevole a fini fiscali.

mi immischio in questioni non mie,

le fantasie della luna e quelle della voce

sono destinate a coesistere anche se non
dovessi averne voglia.

 

una donna si spoglia e ne adocchio il passo

e ne immagino l’ odore,

leggero al pensarci poco

e molto,

ma molto, in effetti.

 

il morto del pozzo si erge e non ha mai
bevuto tanto,

disinteressato cambia canale e mi scopre

intento e serio,

piccolo e nascosto

alla ricerca con lampada a gas.

caccia aperta e mi cacciano a pedate.

 

il frate non mangia.

 

la pancia del frate non desensibilizza la
portata del sangue

che partente dal cervelletto non si nutre
se non per forza.

 

Frank Sinatra canta per me e per gli amici.

 

alle 13.31 non ne parla nessuno.

 

multe.

multe.

 

la tombola non è più un desiderio.

il medio che non parte

 

diverte la frangia unica,

le spalline del re

le spalline del re,

nettare del perdono che non sgorga più
dalle ginocchia della rana.

 

sono una frana a descrivere il NO

anche se NO non fosse.

 

militanti pentiti e fregnaccie di oggi.

 

malesiani rattoppati che ieri assumevano a
costo zero

qualsiasi donna in commercio.

 

la grinta che non ho

è il prezzo forte della collezione.

 

vago zombie mentre seduto dimentico

ed appesa al telefono mia
madre aspetta buone notizie.  
                   

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