Caro Frantz,
ci chiediamo sempre dove sia la
roba da scrivere
e ogni volta la risposta è la
stessa:
FUORI.
C’è poco di che stare allegri
Frantz,
specialmente
se ogni giorno
per sopravvivere e andare avanti,
per un motivo o per un altro,
hai bisogno del genere umano.
Al disgusto non c’è mai fine.
Prendi me e il mio problema di
denti,
ad esempio.
Prendi il mio dentista ex
socialista,
ad esempio.
E poi immaginami Frantz
sdraiato su un lettino di
plastica sterile
-di quelli con le lampade alogene
bianche
su in cima
sparate così forte da accecarti-
con la bocca aperta e
anestetizzata per metà,
come un pesce all’amo.
Immagina Frantz,
uno scalpellino d’acciaio
sterilizzato
grande come un dito,
freddo come il peccato che non
riveleresti mai,
che si insinua dentro quello che
resta
di un inoffensivo premolare
marcio fino alla radice,
percuotendolo così forte
che le schegge di smalto
schizzano fuori impazzite,
e per poco non mi tagliano
un’orbita
rendendomi cieco da un occhio,
come quel marinaio che da piccoli
ci faceva credere che contro i
calci in culo dei bimbi più grandi
ci sarebbe bastato mangiare un
po’ più di spinaci.
Ricordi?
Io con la bocca aperta, Frantz.
Con la bocca mai stata così
aperta e così muta.
E la poi la bocca del mio
dentista,
amico mio.
La lingua di questo medico
che sputa contro il mio cavo
orale
-innocente e disarmato-
parole pesanti;
pesanti come palle di cannone
pirata,
cercando di convincermi che,
loro,
il tesoro dell’isola di Craxi
non l’hanno mai trovato.
Poi,
alla fine,
l’effetto dell’anestetico è
passato
e il gusto amaro della prima
repubblica
lo sciacquavo via,
fuori,
misto al sangue e a frammenti di
piombo ionizzato.
Non c’è nessuna morale in questa
faccenda,
nessuna poetica,
nulla di rilevante ai fini
letterari.
Ti basti sapere che ora sono qui,
bastardo ubriacone,
a costruirmi un paio d’ali solide
con l’aiuto di un Merlot da
quattro soldi.
C’è ancora un fondo di tabacco
nella bustina strappata,
qualche cartina,
e un coro di ragazzini inglesi
che canta l’8va di Mahler
con i sottotitoli in giapponese.
Nient’altro.