Gianni Cusumano – IL PREMOLARE DI MAHLER

 
 

Caro Frantz,

ci chiediamo sempre dove sia la
roba da scrivere

e ogni volta la risposta è la
stessa:

FUORI.

 

C’è poco di che stare allegri
Frantz,

specialmente

se ogni giorno

per sopravvivere e andare avanti,

per un motivo o per un altro,

hai bisogno del genere umano.

 

Al disgusto non c’è mai fine.

 

Prendi me e il mio problema di
denti,

ad esempio.

Prendi il mio dentista ex
socialista,

ad esempio.

 

E poi immaginami Frantz

sdraiato su un lettino di
plastica sterile

-di quelli con le lampade alogene
bianche

su in cima

sparate così forte da accecarti-

con la bocca aperta e
anestetizzata per metà,

come un pesce all’amo.

 

Immagina Frantz,

uno scalpellino d’acciaio
sterilizzato

grande come un dito,

freddo come il peccato che non
riveleresti mai,

che si insinua dentro quello che
resta

di un inoffensivo premolare

marcio fino alla radice,

percuotendolo così forte

che le schegge di smalto

schizzano fuori impazzite,

e per poco non mi tagliano
un’orbita

rendendomi cieco da un occhio,

come quel marinaio che da piccoli

ci faceva credere che contro i
calci in culo dei bimbi più grandi

ci sarebbe bastato mangiare un
po’ più di spinaci.

Ricordi?

 

Io con la bocca aperta, Frantz.

Con la bocca mai stata così
aperta e così muta.

E la poi la bocca del mio
dentista,

amico mio.

La lingua di questo medico

che sputa contro il mio cavo
orale

-innocente e disarmato-

parole pesanti;

pesanti come palle di cannone
pirata,

cercando di convincermi che,

loro,

il tesoro dell’isola di Craxi

non l’hanno mai trovato.

 

Poi,

alla fine,

l’effetto dell’anestetico è
passato

e il gusto amaro della prima
repubblica

lo sciacquavo via,

fuori,

misto al sangue e a frammenti di
piombo ionizzato.

 

Non c’è nessuna morale in questa
faccenda,

nessuna poetica,

nulla di rilevante ai fini
letterari.

 

Ti basti sapere che ora sono qui,

bastardo ubriacone,

a costruirmi un paio d’ali solide

con l’aiuto di un Merlot da
quattro soldi.

C’è ancora un fondo di tabacco
nella bustina strappata,

qualche cartina,

e un coro di ragazzini inglesi

che canta l’8va di Mahler

con i sottotitoli in giapponese.

 

Nient’altro.

 

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