Devi
proprio scappare?
Non
so se il senso del dovere o la paura di sostenere il suo sguardo, fatto sta che
me ne vado.
L’idiozia
si impossessa di me ogni volta che quegli occhi si posano sui miei.
La
consapevolezza di non essere più parte integrante del suo esistere, stronca
ogni sussulto di volontà a rimanere davanti a lei, mentre fornisce mezzi veloci
per scappare a gambe levate.
Mi
ritrovo in un’aula calda, le tende oscurano tutto e il proiettore sputa fotoni
contro un telo bianco, la mia presenza è assolutamente irrilevante, io sono
assolutamente irrilevante, riesco solo a boccheggiare in questa semioscurità
scandita da melodie marca Bjork.
La
comunicazione finisce e in meno di cinque minuti mi ritrovo in mano un “TrattoMarker”
col quale schizzo su un foglio A3 per cercare di far entrare in testa ad un
paio di occhi chiari e spenti il concetto di “piano americano”, inutile far
leva su un Clint Eastwood e su un “al cuore Ramon!!! Mira al cuore!!!”.
Dovrei
documentarmi forse sull’ultimo parto purulento di quella collinetta dorata
sulla west coast marcata U.S.A. forse così il concetto potrebbe passare in
maniera più spedita, ma onestamente preferisco spedire questi occhi chiari
dritti verso un solido “18”
nella speranza che sì fatto risultato possa schiodare questo simulacro di
volontà verso la visione consapevole di “Per qualche dollaro in più”.
Speranza
ovviamente mal riposta, ma intanto il “18” resta e tanto basta.
Pensieri
in ridondanza, fasi cicliche di risonanza tentano di far crollare la mia attenzione
e riportare il pensiero verso ciò che ho lasciato andare, verso la possibilità
di un dialogo umano e consapevole.
Mi
trastullo con l’inutilità rifiutando la reale essenza dell’esserci.
La
mia idiozia non ha confini umanamente definibili, la causa di una sconfitta che
ancora brucia in maniera lancinante.
Tu
mi dici che ti tengo a distanza, perché non sai quanto mi costa tenerti vicina.
Non
conosci quanto sono vigliacco, non sai quanto quell’amplificazione di complessi
possa mancarmi o quanto ancora la piaga della colpa possa scavare nella mia
carne inondandomi di cancrena.
Non
puoi misurare il vuoto che ruba ogni mio respiro, dal momento che ormai sono il
passato.
Il
grigiore cancella ogni sussulto cromatico, annulla ogni traccia di vitalità
lasciando solo sabbia arsa dagli eventi.
Sterilità,
un immoto deserto di incandescente assenza di rigogliosità esistenziale.