ho visto il buio.
buio e buoi dei paesi esteri, quelli che una lega ferrea non accetta.
ho visto il buio, quanto è bello,
ispira tanto il testamento.
e tanta voglia di correre a perdifiato, al punto di non ritrovarlo.
ma tu come puoi?
ho visto il buio, quello nero che non si vede niente.
non avevo nemmeno un accendino in tasca.
ora mi serve una sigaretta.
tocco il buio e
sa di tavolo,
poi di bottiglia,
poi di ciniglia,
poi di un interruttore che ai tempi in cui c’era la luca
era acceso
e che adesso spengo,
sa di asse da stiro,
di pomelli e di forno,
sa tanto di forno.
tocco il buio e non mi sfugge.
sa di fornelli spenti,
di lavandino,
di frigorifero,
di quadro elettrico.
il buio mi sfotte, fiero,
in un faccia a faccia dal quale non andrebbe mai via,
avido,
mi bacia.
inciampo ai suoi giochi.
tasto al buio un pavimento.
mi ritrovo tra i cuscini del divano,
in cerca delle sigarette,
magari di un accendino.
mi oriento ad ovest, dovrebbe essere quello,
torno al frigo e bevo un sorso d’acqua.
cerco sul tavolo e trovo il buio in forma di arancia,
è la stagione sua, non può mancare sulla mia tavola.
se fossi stato più attento me ne sarei ricordato.
tengo sempre un cestino con gli agrumi
a ridosso del Natale.
ed eccomi buio, a forma di buio,
con una bella arancia buia al posto delle sigarette:
è come la rivincita dei salutisti sulle multinazionali del fumo.
sbuccio l’arancia e la spello per bene,
è buona
il buio sa un po’ più di vitamina C e un po’ meno di cancro.
ho ancora il sapore di quell’ultimo spicchio
buonissimo
buio succoso
onesto
frutto del mio frutteto
succo del mio stesso succo.
ho ancora il sapore di quell’ultimo spicchio,
gustoso come il niente, che è gustoso come il tutto.
tocco il niente:
dovessi riuscire a trovare le sigarette
e l’accendino
potrei pensare di scrivere
che nel buio
sono in grado
di
avere
davvero
tutto.
Francesco Villari