OPINIOCRACY – di Mariagrazia Costantino

 

Videocracy, il documentario di Erik Gandini che a Venezia – dove è
stato presentato – è stato ribattezzato “Videocrazy”, è solo l’ultimo dei tanti
documentari usciti di recente sul “nostro” ipernominato Primo Ministro e il suo
regno “videocratico” o “mediocratico”.

Più che il contenuto del documentario,
le polemiche che lo hanno anticipato, o meglio avvolto, e la ricezione del
pubblico (almeno di quello che mi circondava) rivelano a mio avviso alcuni
meccanismi interessanti che hanno a che fare con una presunta libertà, un
presunto distacco dalle cose, una presunta obiettività.

Prima nota stonata: aspettando di
entrare alla prima proiezione – tentativo miseramente fallito – vengo
avvicinata da un sedicente giornalista che mi chiede di guardare in camera e
dire cosa penso del film. A parte il fatto che ancora adesso non ho idea di
dove sia finita la mia intervista, mi chiedo come si possa pretendere di far
parlare qualcuno di un film che non ha ancora visto. Comunque dico che sono
curiosa di vedere se il documentario sia all’altezza delle aspettative create
dalla censura, con tutto il clamore e la pubblicità che ne sono seguite. Dubbio
sacrosanto, come ogni dubbio. Capisco subito che la mia risposta non è proprio
quella che lui si aspetta, anzi sembra restarci male, forse sperava che
partissi con il solito comizio arbitrario, e a microfoni spenti mi dice “no,
no…io lo conosco lui, guarda che è sincero, lui ci crede in quello che fa…”,
sarà pure così ma questo che c’entra? Non è ironico che chiedendo la mia
opinione sulla censura abbiano poi finito per censurare in qualche modo la mia
risposta?

Alla seconda proiezione riesco
finalmente a conquistare un posto in sala e “video” Videocracy, che di sicuro non minerà l’autorità del ipernominato –
lo sta facendo qualcuno o qualcosa? – ma svolge il suo compitino
diligentemente: è uno sguardo abbastanza lucido e forse anche dolente di un
italiano trapiantato all’estero (Svezia) sull’Italia feticista di immagini,
dove il gran cerimoniere di questo culto ha finito per diventare timoniere.
Scene abbastanza scabrose da rimanere impresse per un po’ nella mia memoria e
nei miei incubi: Lele Mora che si dichiara convinto ammiratore di Mussolini e
mostra con viscida tenerezza un montaggio di inni fascisti, mentre i tronisti
fanno il bagno nella sua piscina e si fanno di spritz; Fabrizio Corona che in
un delirio narcisistico si specchia e si unge a dovere le parti basse.
Interessanti e apocalittiche, anche per il commento musicale che le accompagna,
scene dei provini di gruppo (orde danzanti di aspiranti veline) all’interno di
centri commerciali. Istruttivo come una puntata di “Correva l’anno” l’incipit
in cui ci vengono mostrati i primordi della televisione commerciale (anno
domini 1978): in una specie di salotto con tavolini da bar un gruppo di
bontemponi se la canta e se la suona, solo occasionalmente interrotto da
qualche timida telefonata di un pubblico che ancora non è pubblico. L’intimità
domestica culmina nel balletto di una donna mascherata e in guepiere, molto
rudimentale ma sofisticato in confronto agli odierni culi+dettagli
ginecologici, che non riescono più neanche a mantenere l’elemento plasticoso e
pop delle ragazze fast-food di Drive In. L’immagine della donna in maschera è
tetra come le foto dei morti vestiti a festa di fine Ottocento, perché
appartiene a un passato che minaccia la futura (in)civiltà. Quello che resta
sottointeso qui non è che tette e culi non vadano bene in TV a priori, ma che
dal 1978 questi sono stati sistematicamente usati come arma di ricatto e
riscatto, grimaldello dei cervelli, simbolo di un potere ipertrofico.

Potrei adesso tirare in ballo Guy
Debord, che diceva che “l’immagine è diventata la forma finale della
reificazione”, e dunque del potere, ma vorrei tornare al punto di partenza.

Si diceva dunque che Videocracy ha
goduto di una notevole fama prima ancora di uscire, per il divieto imposto
dalle reti Rai e Mediaset di mandare in onda il trailer. Questo, oltre a
confermare la tesi iniziale proposta da Gandini, che si è dichiarato stupito
dell’impeccabile e immediata applicazione del teorema da lui raccontato sul suo
stesso film, ha autorizzato un nutrito gruppo di scettici – me compresa – ad
avanzare dubbi e riserve sull’effettiva efficacia del prodotto, come se si
trattasse di una medicina.

E allora la seconda nota stonata è
vedere come tutti si aspettino da un momento all’altro la salvezza, che di
sicuro non potrà arrivare da un documentario. È l’eterno dibattito sulla
necessità o meno per la cultura di essere militante: io penso che lo sia per
vocazione, ma questo non vuol dire che debba necessariamente essere politica o
politicizzata, a meno che il partito non sia quello dei cervelli funzionanti.

Gandini espone in modo volutamente
cinico e aggressivo le connessioni esistenti in Italia tra “cultura” e
fenomenologia dei media e politica; analizza un fenomeno che almeno nell’Europa
“civile” è tutto italiano, e da italiano che vive all’estero lo coglie con
maggiore acutezza (insomma da lontano avverte la puzza che noi non possiamo più
sentire), con un senso di urgenza che bene o male traspare nel documentario. A
Gandini viene rimproverato di non essersi schierato (troppo) apertamente. Ma
Gandini – come tutti noi – potrebbe eventualmente permettersi il lusso di non
riconoscersi in nessuno degli schieramenti politici presenti in Italia. E
perché poi dovrebbe schierarsi?

Il dato di fondo è che intorno a noi
non vige solo una censura istituzionale, ma una ben più radicata e insidiosa
autocensura che induce – mai verbo fu più calzante – ad avere un’opinione a
tutti i costi e di solito in linea con i dettami di qualcuno, ad appartenere a
una fazione anche quando non ce n’è bisogno, anche quando non ci sono fazioni o
schieramenti in campo. È come quando a fine film (o inizio, come sopra) ti
chiedono se il film ti è piaciuto… una violenza e una grossolaneria alla quale
il più delle volte non puoi rispondere, semplicemente perché non lo sai.

 

 

 

Aldo La Serpe – TEMPO PRIMO (tratto da SOLO TUA)

Sono mie queste parole,  queste collette d’interni, o abbracci per
contratto, o regole sotterranee,  o
ancora cantine di frustrazioni? …. Chi sono gli uomini che troveranno fragore
in me? i reclusi? gli internati? sono delle parole queste? dove sono chiuso?
dentro l’esplosione in una cella?

Diciamo che stavo seduto sul water, sai cosa si fa sul water? Io lo so…
io mi svuoto e poi mi riempio e m’ingrasso e se crepo ingrasso i vermi e se non
crepo sfondo..

 Muovetevi miei cari sinistri,
miei cari ministri, miei cari ospiti al banchetto dell’emisfero celebrale
affinché io sia posseduto. Stronza vuoi che io sia posseduto? Gia fatto! Ma da
me stesso…

 Quindi spegnete la luce, cavatemi
gli occhi, strappatemeli che voglio più visioni. Bando al suono, e ai  colori, 
e che abbia pazienza il mare se lo rivelo ancora una volta… sono stato
castigato dall’enormità una volta…

Che sia pure quel che mi merito, io ora proprio sul punto di esplodere
farò l’infame, e gli dei mi puniscano anche loro se mi pentirò sul fatto di non
scorgere dentro il cuore pieno godimento nel rivelare il male fattomi
ingiustamente… occhi pazzi dentro una gabbia di pazzie e passioni.

A che punto sei mio fraterno lettore?

Eccolo arriva. Si è arrivato con le streghe, non sarei mai riuscito ad
immaginarlo altrimenti. Che tempestoso inizio che è con tutti i suoi prodotti
tipici, è un  vero maestro sono posseduto
a metà come piace a lui. Lentamente o dolcemente sale da sotto cuore e stimola
quello che più può farmi paura.

Ma si amerò fino in fondo il male o il bene tanto poi mi sveglierò con
le descrizioni più belle.

Coraggio bambini un due e tre fuori dal giardino dell’infanzia, ecco gli
odori, ecco  la città oscurata, ecco la
missiva d’espiazione. Il vero massacro è la verità se scovarla non la vogliate:
il tuo mondo è salvo per una bugia.

Al sotto soccorso il corpo umano ha poesie e non organi ..

La beffa, la reclusione del coraggio per non dire tutto, se solo avessi
la certezza che il segnale al giusto orecchio 
giungesse senza tremito direi, anche se di preciso al collettivo non
saprei che vomitare, la mia la dico bene adesso.

 

La strada è calda come la piena estate vorrei la coda di un felino e
correre ma ho i piedi quindi ecco la miccia. Ma dove sono le mie braccia, il
tuo riso e le nostre mani per mano Signore? Non so a chi mi sono rivolto ma so
di non essere confuso sarò preciso:

Sto sciogliendo il cuore goccia a goccia e poi un altra e un altra
ancora lentamente nel ventre della corsa che porta fino al mare quello dove
sempre sì tocca, lì non ho paura di affogare.

Apri la bocca i tuoi denti bianchi
e perfetti masticano aria fino all’essenza.

Io ti guardo e non lo sai ? Non senti che vorrei sfiorarti? Non toccarti
! Sfiorarti come piaceva a te ..

Lo scrivo quanto ti adoro ma tu ora
guardi dove non so e dove immagino, e per questa fantasia tremo,  mi perdo e mi trafiggo prima di vestirmi a
festa e uscire.

Se io parlo o chiacchiero o aspetto e m’intrattengo cantando, cantando
potrei sentirmi lo stesso vivo.
No no,  no
vivo!
Di certo lo sono! Allora diciamo
potrei sentirmi utile a me stesso.

Ricordo e arrossisco nel pensarci su, che ero davvero triste davanti
agli occhi suoi e non capivo come mai, e non lo comprendo neanche al momento,
boh sarà che adesso non m’importa un bel niente credo.. forse non sto
rimuovendo un gran che… Bah… Poco conta quel che dico in questa circostanza
confusionaria il mio massimo è l’innato non il peso.

Il vero sovversivo oggi è chi non si lamenta, io non penso di lamentarmi
su qualche cosa di preciso, no forse sono un po’ arrabbiato con Dio perché non
trovo piacere ad avere troppa coscienza e decidere d’avere troppa testa sulle
cose che in qualche maniera contano.

Contatemi i capelli che mi esplodono e perché! – Porco Dio.

Parole a vuoto anche per me , sì le mie, le mie, le mie parole… le mie
parole d amore.

Denunciatemi a me stesso che voglio confessarmi ad un possibile
rappresentante di Dio e assolvermi se tutto torna… se…

Non darmi l’amore se tieni alla mia salvezza capisci cosa esigo non
ricoveratemi ancora dalle megere.

 

Non darmi la ragione ancora per un Po..poco! Vorrei che il grande
acquazzone che si tuffa nel piccolo fiume divenisse donna da mordere e che
fosse un buon canale all’inferno che cerca lo sfogo immenso. Ci pensi, le alghe
muoiono di fame, perbacco, di fame, non è stupidamente ironico che  le alghe abbiano fame? Io pensavo fossero in
acqua per la sete primitiva come una sorte di grazia. Io pensavo tante cose
anche che tu fossi mia ma tu sei solo tua. E porco del tuo dio anche io sono
solo mio.

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Omaggio a Cecco Angiolieri – S’io fossi foco

S’ i’ fosse foco, arderei
‘l mondo;


s’ i’ fosse vento, lo tempesterei;

s’ i’ fosse acqua, i’ l’annegherei,

s’ i’ fosse Dio, mandereil’
en profondo;


s’ i’ fosse papa, sare’ allor
giocondo,


ché tutt’ i cristiani
imbrigherei;


s’ i’ fosse ‘mperator, sa’
che farei?


a tutti mozzerei lo capo
a tondo.


S’ i’ fosse morte, andarei
da mio padre;


s’ i’ fosse vita, fuggirei
da lui:


similmente farìa da
mi’ madre.


S’ i’ fosse Cecco, com’ i’
sono e fui,


torrei le donne giovani e
leggiadre,


e vecchie e laide lasserei
altrui.

(Cecco Angiolieri 13°-14° secolo)

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Pino Amaddeo: ALTRE BARZELLETTE (o Preghiera Settembrina)


 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Aspetta un momento, scusa ma adesso sto facendo dei conti
perdonami sarà per un’ altra volta, ci saranno altre occasioni
non avrei voluto disturbarti ma è una questione urgente
certo puoi anche amare la libertà ma continui a fingere
e nella peggiore delle ipotesi se ne accorgono solo in pochi.
Chiamami se hai bisogno, io so a chi rivolgermi, gente giusta !
Certo che in qualcosa ci assomigliamo, anch’ io defeco
Vogliamo darci un taglio? Va bene, va benissimo!
Non credo nelle vostre bugie, attenzione
non è che non credo più nelle vostre bugie
praticamente non ci ho mai creduto, cascato certo
ma non ho mai creduto nelle vostre leggi
nella vostra educazione, nei vostri insegnamenti
e so anche perchè vi prude il culo
vi prude il vostro fottutissimo culo
perchè non mi prendete più
perchè avete perso il controllo di me
perchè riconosco di non essere un uomo libero
perchè mi piace il sapore del vino
perchè riesco a masturbarmi serenamente
perchè continuamente disconosco le gelosie
perchè bestemmio senza un motivo valido
perchè mi scopo tua sorella e lei gode come una vacca
perchè mi faccio inculare per piacere e non per moda
perchè ho delle meravigliose erezioni.
Aspetta un momento, mi stanno chiamando
scusami e perdonami, l’ occasione è occasionale
il santo passa una sola volta.
Dai raccontami una barzelletta
"il serpente velenoso era ormai vecchio
il vecchio assomiglia al serpente
e promette, promette per fottere la pazienza di dio"

Non credo nelle vostre bugie
ma non credo neanche nelle vostre verità.
Riconosco di non essere un uomo libero
mi piace il sapore del vino
riesco a masturbarmi serenamente
continuamente disconosco le gelosie
bestemmio senza un motivo valido
mi scopo tua sorella e lei gode come una vacca
mi faccio inculare per piacere e non per moda
ho delle meravigliose erezioni.

Eccomi sono ancora qui
occasionalmente il santo è ripassato
e mi ha raccontato altre barzellette.
 
 
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AUTORI APPESI : ANCHE TU AMI CIRIACO?

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L’idea era quella di parlare
d’amore: ”Ah, l’Amore!”.

Ma cosa accade quando le sfaccettature del sentimento
ti costringono a rivedere le priorità?

Cosa accade nella mente di uno stalker impazzito
per la passione non corrisposta o in magari in una storia in cui qualcuno (tu?)
faccia come oggetto del suo amore un fantasma, un cane, un iguana, un maledetto
feticcio che mi porto in tasca come mio nonno fece per tutta la sua vita prima
di lasciarmelo in eredità.

Ecco una raccolta di 
storie d’amore, dell’amore che è fissazione e guida verso il baratro del
Paradiso: l’amore chiamato Ciriaco!

Anche tu ami Ciriaco?

LEGGILO CLICCANDO SU QUESTO LINK:

 

http://issuu.com/autoprodappese/docs/anche_tu_ami_ciriaco

 

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FIERLID’A – La Fiera del Libro d’Amore

GLI AUTORI APPESI SONO PRONTI CON LA RACCOLTA

ANCHE TU AMI CIRIACO?

Qui di seguito il programma completo

 

Tre giorni all’insegna di incontri, presentazioni, reading di poesie e
musica, degustazioni, stand e laboratori di scrittura creativa!

Fierlid’A
rende protagonisti autori e autrici, poeti e poetesse, e promuove la
cultura del libro e della lettura e lega il tutto ai sapori e alle
tradizioni, al fascino prorompente della Calabria.
Fierlid’A 2009
si terrà dal 18 al 20 settembre nell’incantevole scenario del Castello
Ruffo di Scilla (RC): le sue sale, il terrazzo e le vedute saranno
allestiti per ospitare al meglio i protagonisti della Fiera: verranno
disposti degli stand dove ognuno potrà gratuitamente esporre i propri
libri editi e avrà occasione di incontrare direttamente i numerosi
visitatori previsti durante i tre giorni.

www.fierlida.net

Venerdì 18 settembre
Ore 10 apertura villaggio del libro
Ore
10.30 vernissage personale di Tranquilla Stradolini “Ciò che non manca
nella mia vita è l’amore. D’ogni lacrima il suo contrario”
Ore 13 buffet vegetariano biologico per gli autori
Ore 18 presentazioni a cura della giornalista Gabriella Lax (Calabriora)
libri
Alessandra Maltoni: Domande tra porto e mare; Autori appesi: Anche tu
ami Ciriaco; traduzione a cura di Gaetano D’Elia, John Dryden, Tutto
per amore: anche perdere il mondo.


Ore 20.30 degustazione
Ore 21 reading con Giancarlo Galante & The Three of Low

Sabato 19 settembre
Ore 10 apertura villaggio del libro
Ore 10.30 laboratorio di scrittura creativa a cura di
Terrelibere.org
Ore 13 buffet vegetariano biologico per gli autori
Ore 18 presentazioni a cura della giornalista Elisabetta Viti (Il Quotidiano)
libri
Anna Rita Incelli: Cinquanta minuti; Riccardo Arena: Quello che
veramente ami; Vanni Belgiovine: Le labbra di porcellana bianca.

Ore
20.30 degustazione
Ore 21 reading con Giancarlo Galante & The Three of Low

Domenica 20 settembre
Ore 18 apertura villaggio del libro
Ore 19 presentazioni a cura del giornalista Mario Meliadò (Rtv)
libro Pasqualino Ferrari, Un mare d’amore, a cura di Pier Paolo Zampieri, I funerali di Gerard Foucaux.


Ore 20.30 degustazione
Ore 21 reading con Giancarlo Galante & The Three of Low

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Lello Campolo: ‘A FAVULA ‘RU PONTI (La favola del ponte)


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Nù jornu ‘u
presidenti i tutti l’italiani

vinni mi ndi
faci visita…ogni tantu puru ‘e cani !
si  mangiau i maccarruni cu zucu du maiali
un biccheri i vinu bbonu e l’idea fu geniali…

 

Si jasau
tuttu cuntentu, ggrirava eureka eureka !
Passava nu traghettu e dissi: “Chissu è na ciofeca,
nci voli nu bellu ponti u chiù longu i tuttu u mundu”
Fici nu disegnu e nci misi nu sicundu :

 

“A ‘ccà
passunu i treni e ‘ccà i machini a caminari
Semafuri e cartelloni , stradi supplementari,
ma i tutti chisti cosi esti ancora assai chiù bellu
com’è comudu pavari, ‘pì ccù passa ‘nto casellu!

 

Chi ndi
futtimu nui rì  spiaggi, ru litorali
ri lavuraturi, i sti quattru vecchi, ri lampari…
chi ndi futti si è giustu o no, si faci beni o si faci mali
l’importanti è varagnari, tantu a genti ndavi chi ‘ffari”

 

Cusì chiamau
a radunu architetti e industriali
ingegneri senz’ingegnu e baruni e cardinali
si misuru a lavurari tutti quanti a stu progettu:
signori e signori eccu “u ponti supra u strittu”

 

Ma a
ccaccarunu st’idea ccuminciau a non piaciri
Quantu sordi chi nci vonnu e cu sti stradi aundi ajjiri?
Ma non viri quanta mundizza chi nc’esti ntè sciumari,
i spiaggi sunnu lordi e mari i merda a galleggiari!

 

U presidenti
sa sentiu e si mpuntau comu pi dispettu
“Non mi fannu fari nenti, polemizzunu  pi dilettu,
pirchì stù guvernu  vi vosi sempri sempri beni
comu a un padri chi so figghi, intra ‘o cori sempri i teni!”

 

A sunata è
sempri a stessa, e ci mentunu fervori
ntò parrari sunnu bravi sannu sempri cosa diri

sannu
ciangiri a cumandu chi risati all’occorenza,

e a genti si
spirdìu comu si faci mi si penza!
 

 

 Un giorno il
presidente di tutti gli italiani

venne a
farci visita, ogni tanto pure ai cani!

Si mangiò i
maccheroni col sugo del maiale,

un bicchere
di buon vino e l’idea fu geniale.

 

Si alzò
tutto contento, gridava : Eureka! Eureka!

Passava un
traghetto e disse : “Questo è una ciofeca,

ci vuole un
bel ponte, il più lungo di tutto il mondo!”

Fece un
disegno e ci mise un secondo :

 

“Quà passano
i treni e quà le macchine che circolano

semafori e
cartelloni , strade supplementari,

ma di tutte
queste cose è ancora assai più bello,

come è
comodo pagare, per chi passa dal casello

 

Che ce ne
fottiamo noi, delle spiagge, del litorale

dei
lavoratori, di questi quattro vecchi, delle lampare

cosa ce ne
fotte se è giusto o no, se fa bene o se fa male,

l’importante
è guadagnare, tanto la gente ha il suo daffare

 

Così chiamò
a raduno, architetti e industriali,

ingegneri
senza ingegno e baroni e cardinali

si misero a
lavorare tutti quanti a questo progetto:

signori e
signori ecco “il ponte sullo stretto”

 

Ma a
qualcheduno quest’idea cominciò a non piacere :

“Quanti
soldi che ci vogliono, e con queste strade dove devi andare?

Ma non vedi
quanta immondizia che c’è nelle fiumare,

le spiagge
sono sporche e mari di merda a galleggiare!”

 

Il
presidente si offese e si impuntò come per dispetto :

Non mi fanno
fare niente, polemizzano per diletto,

perché
questo governo vi ha voluto sempre sempre bene,

come a un
padre con i suoi figli, dentro il cuore sempre li tiene!

 

La musica è
sempre la stessa e ci mettono fervore

nel parlare
sono bravi, sanno sempre cosa dire

sanno
piangere a comando con le risate all’occorrenza,

e la gente
ha dimenticato come si fa a pensare!
 
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Gianni Cossu: SCOTCH ANAFILATTICO

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Il tempo passa e poi si ferma,
quando si ferma, pausa sul lavoro tre chiacchiere tra vicini di casa ai
Giardini pubblici: uno con il suo cane, l’altro con un bimbo di tre anni. Uno è
il tempo l’altro sei tu. Poi c’è il tempo ammalato, l’hai saputo da un amico,
non lo incontri da parecchio: meglio una metastasi da cui issarsi come uno
splendido fungo dalla crosta dello sterco su un prato che una depressione. Il
tempo passa e poi si ferma: non siete mai stati insieme, neppure a scuola, solo
incontri occasionali in non luoghi più o meno ameni (stazioni, ospedali,
commemorazioni, scioperi, parate, funerali, giardini pubblici…) però si
ferma. Forse gli è morto il cane, forse la moglie l’ha lasciato insomma non c’è
bimbo, ne collare e soprattutto non ti saluta come è solito fare, sta di fronte
a te, tu stai di fronte a lui. Sicuramente l’unico che sa cosa fare è lui cioè
niente. La situazione è imbarazzante, ogni tua parola viene inghiottita dal
nulla, chiaramente lui è depresso, sedato, ma ti fissa con gli occhi vitrei.
Poi, spostandosi a destra o a sinistra se ne va e tu lo guardi fare ciò che ha
fatto con te (cioè niente in fondo) con un cestino della spazzatura, con il
tronco di un albero, con l’ombra di un autobus riflessa su un muro. Però con
l’ombra gesticola lentamente e sembra parlare, proprio come faceva con te una
volta. Prima, insomma, che stesse male.

D’improvviso capisci che non è una
buona serata per stare in giro, il problema è che lo pensi in treno,
d’improvviso capisci che non è una buona serata per stare a casa, il problema è
che lo pensi in Ospedale mentre torni dall’ultimo coma espresso lungo un tunnel
in discesa sempre meno illuminato su un cigolante carrello da minatore. Verrai
dimesso ieri sera, nel frattempo è fine settimana e ti senti solo: tutto ciò
che hai intorno ha da fare e ti nasconde i suoi piani e la sua vita, ti
emargina, quindi decidi di uscire e andare a passeggiare ai giardini pubblici:
ti investe un Tir uscito da una galleria e slittato sulla pista ciclabile e
pedonale mentre il tempo siede a leggere il giornale della prossima settimana
che ormai non parla più di te, ne del tuo cane, o era il suo cane. Il tempo
sembra pensarci e già una donna gli si avvicina per chiedergli se per caso ha
visto il suo bambino sgambettare.

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AUTORI APPESI : PECCATO PER LE ASSUEFAZIONI

Per quale motivo pensare alla
distrazione e non distrarsi definitivamente?

Il pensiero di una quotidiana
assuefazione è la linfa che scorre arborea in sostituzione del sangue.

Vene iniettate
dal pensiero e non più dal cuore. Vene nelle quali scorrono i tratti
caratterizzanti di ognuno dei sette vizi capitali.

Quattordici episodi scritti
dagli Autori Appesi, espressione del Laboratorio letterario Parole a Peso, per
InScena Magazine e qui raccolti tutti insieme.

 

 

LEGGILO AL SEGUENTE LINK:

http://issuu.com/autoprodappese/docs/07_aa_-_peccato_per_le_assuefazioni?mode=a_p

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