Francesco Villari – MALEDETTO BERNACCA.

 

 

 

Ero certo che mi stessero
osservando dall’alto. Non esco mai di casa senza aver prima controllato che il
meteo favorevole sia il mio compagno di viaggio. Il meteo. Maledetto Bernacca,
incubo nei miei incubi che mio padre non capiva e che io rifiutavo di spiegare.

Sole a catinelle. Va benissimo.
Premurosamente porto l’ombrello. Inglesina con l’affare sotto braccio. Chi
vuole le bombe che l’I.R.A. può scatenare sotto casa? Chi vuole marciare pavido
e preciso a tre secondi dall’apertura della sessione pomeridiana di borsa?

Ero
certo che mi stessero osservando dall’alto. Chi altro avrebbe potuto tessere la
tela se non Pjolo, dimenticata divinità di riserva che ha fatto della pioggia
la sua arma e della mia vita il suo obiettivo. Sole a catinelle. Va benissimo.
Mastico un chewing-gum. Una botta sulla spalla destra dal tizio invernale che
non mi chiede neanche scusa. Non lo avrei scusato. E cosa farmene delle scuse
in un epoca in cui le nozioni di egoismo mi han reclutato con un volantino gustosamente
esplicativo? Scusa? Mi distraggono le scuse, va bene? Che ne dici di
considerare le nuvole sopra la nostra testa? Come?

Inizia a piovere. L’ombrello
è rotto. Si è rotto. Infilzo il tizio invernale ed alzo la copertura. Devo
difendermi. Pjolo ha capito tutto. Io rispondo. Io ed il chewing-gum. Sputo in
aria. Sputo a Pjolo. Sputo dalle minuscole insenature che il mio schermo
protettivo mi concede. Sputo e vinco. Mi abbatto. Il chewing-gum. Le pioggie
tempestose penetrano i lati. Sono finito. Piove sangue. L’invernale Pjolo si
materializza sopra di me e non ha più alcun bisogno della pioggia. Mi sorride
morto mentre piove sangue. Vaffanculo il meteo. Il caso. Le mostre d’arte nel
tardo pomeriggio. Che dovevo farmene poi di una visita alla permanente di
surrealismo?

 

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