Julio Carnera – UN GENIO COME TANTI

Questo di cui parlo era stato un grande scrittore
aveva pubblicato un mucchio di libri
erano stati tradotti in non so quante lingue
e perfino F. P. prima di raggiungere Hemingway e gli altri
scrisse parole entusiaste sul suo lavoro.

Questo di cui parlo era stato un grande scrittore,
“la rivelazione dei nostri tempi” aveva detto qualcuno,
uno che, grazie ai suoi libri,
aveva potuto arredare le mensole dello studio
con premi, trofei, medaglie,
e un mucchio d’altri riconoscimenti.

Questo di cui parlo era stato un grande scrittore,
che sapeva come accendere anche le parole senza vita,
che era stato battezzato alle fiamme dell’inferno
e possedeva perfino una brillante dialettica,
qualcosa in più che faceva di lui un GENIO
in confronto al resto del mondo.

Ma questo di cui parlo
che era stato un grande scrittore
e che s’era aggiunto la lettera G. di genio
a metà tra il nome e il cognome
iniziò a scrivere sempre meno
e a farsi vedere sempre di più,
specie alla televisione.

E allora?, direte voi, che c’è di male?
Era un genio, è normale che uno com’era lui
andasse a finire in qualche studio televisivo.

Io non lo so se è poi così normale.

Direte che sono uno che dimostra
più anni di quelli che ha veramente
ma penso che in TV
dovrebbero starci solo i pagliacci e le puttane
e, a meno che non debbano per forza intervistarvi
e fare di voi l’ennesimo “caso letterario del mese”,
non dovrebbe essere quello il posto
per gente che scrive.

Ma questo di cui parlo
che era stato un grande scrittore
pensò che oltre a rispondere a qualche domanda sui suoi libri
avrebbe anche potuto illuminare col suo genio anagrafico
l’oscura coltre d’ignoranza che opprimeva i palinsesti pomeridiani.
Allora aggiunsero un posto sulla poltrona
insieme agli altri opinionisti di mestiere
e ogni giorno, all’ora del caffè,
il genio diceva la sua
su questioni che riguardavano uomini e donne comuni
con problemi troppo comuni per sembrare veri.
Era anche piacevole vederlo seduto lì
mezzo ubriaco, col sigaro stretto tra i denti
che faceva la sua bella figura da genio
messo in mezzo a quelle altre facce
di plastica televisiva.
Si vedeva, insomma, che non apparteneva a quel posto.

Ma questo di cui parlo
che era stato un grande scrittore
sembrava stare sempre più comodo
seduto su quel divano.
Pensò che non era quello il momento di mandare tutto all’aria
di appiccare un bell’incendio e scappare in sella al suo leone,
specialmente adesso che il cuscino gli aveva preso la forma del culo.
Più appariva sullo schermo
meno parole bruciavano sulle pagine
e via via
col passare dei giorni,
dei mesi,
degli anni
quello che era stato l’ultimo grande genio
della letteratura contemporanea
dovette cedere il posto sulla poltrona
a qualcuno con un indice di gradimento
più alto del suo,
a un altro genio come tanti
e farsi da parte.

Smisi di sentir parlare di quest’uomo
che era stato un grande scrittore.
Non pubblicava nulla da un pezzo
e nemmeno la sua faccia si vedeva più
in giro tra i palinsesti.

Poi,
una sera che me ne stavo lungo
disteso sul letto completamente nudo
dopo aver fatto all’amore con la mia ragazza
sfinito e boccheggiante,
mentre cazzeggio col telecomando
saltando da un canale all’altro
ecco che vedo disegnarsi sullo schermo
il volto del genio in persona.
Non era cambiato molto dall’ultima volta,
solo in viso sembrava più gonfio.
Questa volta aveva una semplice sedia di legno sotto al culo
e insieme a lui, nello studio,
c’erano altri sedicenti scrittori, sceneggiatori, psichiatri, e Dio sa cos’altro.
Si parlava di una donna che aveva ucciso il figlio di pochi anni
e ognuno di quei geni, a turno, diceva la sua a riguardo.
C’era anche una poetessa
che disse d’essersi dovuta chiudere in bagno
una volta
per non soffocare il suo piccolo in fasce
che non la smetteva di strillare.

Comunque sia
alla fine del programma
la presentatrice annunciò la prossima storia
che il genio in persona aveva scritto
appositamente per il tema della serata.
Lui stesso disse qualcosa,
definendolo come
“un racconto basato sulla DICOTOMIA grasso/magro”.
Rise di gusto
prima di aggiungere che
“questo faceva di lui un genio della narrativa contemporanea”.

Mi schiacciai una zanzara sul braccio
e rimasi in attesa del capolavoro.

Allora
una donna cominciò a recitare la storia
su quello che sembrava essere un cartone animato
disegnato apposta per il racconto.
C’era una ragazza troppo magra
che aveva sposato un uomo troppo grasso
e, dopo innumerevoli tentativi,
finalmente lei aveva dato alla luce un bambino
che però era nato con una qualche forma di ritardo
spingendo così la madre della ragazza
a soffocarlo con un cuscino.
Si chiamava “Mamma Mia!”
e il tutto sarà durato non più di 2 minuti.

Spensi la TV e mi avvinghiai al corpo sudato della mia ragazza.

Al buio di quella notte calda,
ringraziai di non essere un genio.

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