Francesco Villari – UN MERCOLEDI’, SE NON RICORDO MALE

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Era il 23 aprile del 2012,

se non ricordo male un lunedì,

il giorno prima mi sa di aver fumato una sigaretta sulle scale della chiesa

una chiesa piena, sarà stata domenica o sarà morto qualcuno.

 

Se non ricordo male era tempo di crisi

una crisi di identità che picchiava forte,

che picchiava ai fianchi con cattiveria,

che sputava in faccia la propria ignobile volontà di farci credere il falso.

 

Mi ero ripromesso di non dare più corda

a quel cagnolino che era il presidente del consiglio

ma i cui consigli non servivano davvero a nessuno,

come quelli di un prete che mi spiega come fare per essere un buon padre.

 

Mi ero ripromesso di non dare più corda a nessuno

perché di corda me ne era rimasta poca

e se anche di voglia ne avessi molta non mi interessava

prestarmi al gioco delle tre carte che poi alla fine erano

“Trivulu” “Malanova” e “Scuntentizza”.

A te andrebbe di giocare?

 

Era il 23 aprile del 2012 e pensavo soltanto a finire la giornata di lavoro

a smacchiare la camicia dell’alone di vino che l’altra sera

mi è finito addosso,

ero con Ciriaco

che nonostante i bei discorsi democristiani

non aveva un cavatappi.

 

Era il 23 aprile e volevo tanto che fosse il 24.

 

Il 24 aprile 2012 trovai un ingaggio a giornata.

Mi avrebbero pagato in totale 10 euro per un lavoretto di 6 ore

minuto più o minuto meno,

ma ricordai che il 23,

giusto il giorno prima,

c’era la crisi

e stamattina al bar non ho sentito nessuno parlare di una fine della crisi.

Mi accontentai di 10 euro, mi accontentai.

Si avvicinavano le elezioni e avrei barattato il mio lavoro

con la certezza che nessuno si sarebbe avvicinato alle urne.

 

Quando hai un ingaggio a giornata da 10 euro non pensi agli eroi,

non pensi a chi ti promette cose che non si dovrebbero promettere

non pensi per niente che una faccia così di merda possa cambiare di colpo la tua giornata

non gli dai credito

semplicemente perché non lo merita.

 

Quando hai un lavoro sicuro,

un lavoro che ti sei meritato per capacità,

un lavoro per il quale non devi ringraziare nessuno se non la tua voglia di seguire le tue propensioni

un lavoro che ami e per il quale non ne fai mai una questione di soldi,

quando hai questo tipo di lavoro dovresti pensarla come quello dell’ingaggio a 10 euro a giornata.

 

Quando invece qualche faccia di merda ti ha ben inserito nel sistema lavorativo

del 2012, anno della crisi, allora sei automaticamente una faccia di merda pure tu,

potresti anche andare a votare, così come ogni tanto vai a rifarti il trucco.

 

Pensavo questo la sera del 24 aprile del 2012,

ma venivo da una brutta giornata di lavoro

e fuori dalla mia porta qualcuno si uccideva perché non sapeva più

come fare per andare avanti:

decideva di fermarsi,

piuttosto che accettare di tornare indietro.

 

Poi la mattina del giorno dopo mi son svegliato

era il 25 aprile

mancavano 250 giorni alla fine dell’anno

e in giro c’erano ancora parecchie facce di merda.

 

Mi diressi in bagno, aprii l’acqua fredda e mi sciacquai il viso.

Lo trovai rugoso e mi cercai allo specchio.

 

Assomigliavo paurosamente a mio nonno.

Ero diventato mio nonno.

 

E mi trovai dentro i suoi ricordi di 67 anni prima,

e i due giorni precedenti di quell’aprile 1945 erano stati ben diversi dai miei.

 

Alla sua porta non c’erano ingaggi a 10 euro ma c’erano i fascisti.

C’erano ancora i fascisti capito?

 

Si sentiva dire che gli Alleati erano prossimi ad oltrepassare il Po,

che i nazi-fascisti stavano battendo in ritirata

e che la Repubblica di Salò stava per consegnare le proprie infamie alla triste storia

di una nazione che stava per essere liberata.

Mio nonno non sapeva cosa sarebbe successo in futuro.

 

Mio nonno non sapeva ancora che la liberazione

non si sarebbe verificata neanche 67 anni dopo

e lasciava che il partigiano Sandro Pertini proclamasse lo sciopero generale

e che i Comitati di Liberazione Nazionale stavano per nascere in tutti i paesi,

anche a Bagnara Calabra, si,

per “il bene di questa nostra, tanto bella quanto sfortunata terra”.

 

Cosa avrei potuto fare io?

Cosa avrebbe dovuto fare mio nonno era facile,

imbracciare un fucile e combattere

contro questa assurda dittatura politica e culturale

contro questa vergognosa imposizione gerarchica diretta verso un apice pelato.

Avrebbe dovuto amare mia nonna ogni altro giorno della sua vita,

amarla in quel 1945 e ogni altro giorno della sua vita.

 

 

Mi sciacquo la faccia con l’acqua fredda,

al tatto torno ad essere io,

come fosse stamattina,

e non ho voglia di farmi la barba che mi porto dietro dal 1945.

Fuori dalla mia porta la crisi, le facce di merda con i loro volantini elettorali

e neanche un ingaggio da 10 euro, perché oggi è festa.

 

Cosa dovrei fare io?

È il 25 aprile del 2012 e si, ho tanto voglia di ricordare:

ho voglia di ricordare cosa è stato fatto 67 anni fa

ed ingoiare i proiettili

e trasformarmi in un fucile

dalla cui bocca arriveranno i vostri peggiori problemi.

 

Tanta voglia di continuare a combattere.

 

A resistere.

 

A resistere per esistere.

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