Pino Amaddeo – C’E’ DA MENARE LE MANI

 

 

 

Ma c’è da ridere oppure da menare le mani fino a Pasqua?

La Grecia approva in parlamento nuove misure economiche.
Qui è tempo di consultazioni elettorali e di galletti in cravatta.
Il Cile trema ancora e stavolta Pinochet non c’entra un cazzo.
C’è chi seziona un suo simile e poi getta i pezzi nel Naviglio.

La confusione regna sovrana a destra e a manca, ma al centro?
Il comma in questione risolverebbe la questione, cazzate!

Avrei dovuto continuare la mia corrispondenza con Satana
ma lui adesso si trova in un mondo senza resurrezioni
senza parlamenti, senza terremoti, senza grandi teste di cazzo
senza luoghi comuni e soprattutto senza Comuni fuori luogo.

Ma c’è da ridere oppure da menare le mani fino alla vittoria?

Ecco, ecco finalmente Satana ricomincia ad accarezzarmi.

Ho fame, tanta fame e adesso è tornato il mio complice.

Continuate a pregare, i giorni e le salsicce sono cose diverse
e l’erba del nostro vicino è ancora troppo verde.

Rendiamo grazie a Dio.

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Gianni Cossu – (AP)PUNTI DI SUTURA

 

 

Mi devo
ricordare si spostare i due libri che poggiano sullo sgabello bombato tubolare
(sgabello è un sinonimo, in realtà è un contenitore di stracci e utilissime
creme e spazzole per lucidare scarpe, poi sicuramente si trova di tutto, questo
è indubbio quando non si vive solo).

Il primo
libro (ossia quello che poggia sul sopradetto sgabello) non può aderire che in
modo approssimativo sulla superficie curva e circolare pur avendo una copertina
cartonata rigida. Il secondo (che fa peso sul primo e in fondo è lui che mi
interessa) rischia di imbarcarsi per simpatia e questo non lo tollererei, sono
400 e rotte pagine ma mi appassiona e merita di essere conservato come un
matrimonio senza separazione, al massimo perdita precoce dell’unico lettore, ci
sono libri che non si prestano, a volte si finiscono a tappe, ma non si
prestano sebbene siano copie in miliardesimi non conta, conta quella copia,
conta il TUO LIBRO.

Devo
intervenire, spostare almeno il secondo, viceversa il primo, mattina dopo
mattina lo vedrò modellare il primo come se giacesse da anni nella vetrina
polverosa e assolata anche di notte di una sperduta cartolibreria dove tutto è
sempre là, vanno via solo i fogli protocollo e le penne Bic nere e i soldi
prestati “a strozzo” dal proprietario. Sei del mattino di un sabato qualunque,
tu sei nel mattino di un sabato qualunque. Mah , per quanto mi riguarda
potrebbe essere anche un Neo-giorno di un Neo-calendario dove la Domenica cade
ogni trent’anni del non più in uso calendario gregoriano.

Il problema
sarebbe ricordarsi il nome, del giorno intendo, suppongo che passeremo numerosi
anni della nostra formazione a mandare a memoria solo i nomi delle scatole usa
e getta dei giorni in cui ci svegliamo. Probabilmente, sicuramente, gli animali
domestici longevi, che so ,le Tartarughe ne saprebbero più di noi di feste
comandate intendo e di altre pause dal sopravvivere rendendosi utili alla
propria sopravvivenza o dei propri cari, perché il resto, in fondo, sono
chiacchiere: il mondo gira, in fondo, in fondo, solo perché non sappiamo se,
nella ruota del Criceto siamo a testa in giù o in su, tutto qua, il resto
chiacchiere, forse. Comunque ho mal di testa e il solito torpore di sogni
avariati da smaltire, mi concedo una pausa bagno che poi è questo scrivere
seduto nell’unico posto sacro sotto il quale, scavando non troverebbe resti di
templi pagani o altari megalitici o altro che dimostri che dalla più remota
antichità il mio “Cesso” era stato scelto come un luogo sacro, miracoloso,
pervaso di misteriose energie, capace di guarire gli storpi.

Almeno
credo, ma a pensarci bene gli studiosi del passato non hanno ancora indagato su
questa relazione. Mi concedo una pausa in bagno insomma che poi è questo
scrivere scorrente, appagante che non avrà bisogno di revisioni o di tagliandi
quando lo ricalcherò in qualche font, in un bel nero sul display di un
qualsiasi word processor.

(continua?)

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32 Parole a Peso (a sostegno di Frigolandia)

 

 

 

Il prossimo reading del
laboratorio letterario reggino si terrà a Perugia il 27/02/2010 alle ore 16:00
nell’ambito della mostra Frigolandia. Passato e Futuro dell’Arte
Maivista,
prima organica Mostra dell’Arte Maivista, ovvero della originale esperienza
artistica nata alla fine degli anni ’70, dalle menti di Andrea Pazienza e
Vincenzo Sparagna, con le riviste Il Male e Cannibale, raccolta e promossa a
partire dal 1980 dalla rivista Frigidaire che tuttora viva e opera nella
Repubblica di Frigolandia: Museo/laboratorio dell’Arte Maivista, che ha sede
nel comune di Giano dell’Umbria (PG).

 

Accompagnati come sempre dalle
musiche di Giancarlo Galante si alterneranno alla lettura Francesco Villari, Pino Amaddeo, Gianni Cusumano ed altri
Autori Appesi. Sarà inoltre l’occasione per presentare il nuovo progetto del
laboratorio: la Pergamena Appesa, rotolo di scritture libere che avrà cadenza
mensile e sarà l’espressione unitaria periodica degli Autori Appesi, in stampa
per Autoproduzioni Appese.

 

Autoproduzioni Appese è la concretezza di una verità nascosta tra
le trame larghe di una bugia ben detta. Autoproduzioni
Appese
è la costola di Adamo che impaurita dal maltempo preferisce
arrostire alla griglia piuttosto che reinventarsi in Eva. In una Eva furba e
bellissima, misteriosa e appetibile come un manoscritto di un vecchio parente
ritrovato in un anfratto del ripostiglio e sul quale la polvere ha deciso di
riposare in attesa paziente di un soffio che ne lasci intravedere il titolo: PaRoLe A PeSo!

 

Il laboratorio letterario PaRoLe A PeSo è la naturale espressione
dell’urgenza di operare in modo parallelo ma indipendente dal sistema di
comunicazione di massa in essere. Le parole sono un peso che va portato con
orgoglio. Meritano di viaggiare serenamente attraverso gli uomini ed il tempo.
La proposta nasce nell’ottica di attraversare la letteratura in
tutte le sue forme (dalla poesia al racconto, al romanzo, all’improvvisazione
su temi in divenire) e sottolinearne gli aspetti caratterizzanti ed il
potenziale delle parole. L’idea è di proporre (rivendicare in qualità di mandanti)
la libertà delle parole incastonando gli accenti e le espressioni affinché la
comunicazione in senso esteso, vittima di stereotipati compromessi, possa
realmente far parte del quotidiano in tutti i suoi aspetti e nelle forme in cui
si manifesta. Non necessariamente un vincolo per pochi eletti, piuttosto la
cartina al tornasole di quanto succede quotidianamente attorno a noi. Chi la
vita la vive e ne trae spunto, anche a partire da un semplice input, per la
creativa struttura di incroci stilistici e contaminazione culturale. I poeti
sono quindi liberi interpreti dalle spalle larghe. La musica che accompagna le
letture ne racchiude insieme la comprensione e l’essenza. Nello specifico,
l’alternarsi dei poeti coinvolti è anche la voglia di comparteciparne la
proposta e ciò che da essa può scaturirne. Un’Alcoolisti Anonimi della
scrittura. Un’anticamera ideale…

 

PAROLE A PESO… PAUROSI APPESI…
COME SE LA MERCIFICAZIONE DEL CORPO E DELLA MENTE POTESSE ESSERE ACCETTATA
PERCHÈ, ESSENDO IN OFFERTA, PER QUESTA SETTIMANA “POSSO PERMETTERMI ANCH’IO IL
MIO CHILO E MEZZO DI MINCHIATE A FETTINE”.

PAROLE APPRESE… PAROLE A PESO…
CONVIENE METTERSI A DIETA!

 

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Gianni Cusumano – BOX DA 6


 
  

Ho visto un uomo cadere.

 

Cade a terra,

senza eleganza,

senza stile,

senza motivo.

Cade. Cade e basta.

Niente in lui ricorda una piuma.

Sbatte il muso contro l’asfalto,
e niente più.

Pesante e doloroso.

 

Veloce e irrimediabile.

 

Proprio in mezzo alla strada

quest’uomo si lascia andare.

Proprio in mezzo ad altri uomini
e donne simili a lui,

quest’uomo chiude gli occhi e
cade all’indietro.

E nessun cuscino di piume d’oca
sotto ad aspettarlo.

E mentre lui sperimenta quello
che c’è oltre il limite,

-quello che esiste solo per chi
l’ha sorpassato almeno una volta-

altri uomini,

altri bipedi,

gli stanno intorno, formando un
cerchio.

Un cerchio perfetto.

E questi esseri,

questi agglomerati organici
evoluti,

questi tesserati figli di Dio

queste partite di carne compressa
politicizzate

si chiedono in silenzio:

e adesso?

 

Con le mani strette sulle loro
borse spacciate dai neri agli angoli delle strade,

con le dita impegnate a premere
tasti virtuali su schermi telefonici cinesi,

questa gente pronta a votare di
tutto pur di lasciare un segno prima di putrefarsi nell’oblio

questa gente si chiede:

e ora?

Dov’è il televoto quando serve?

Dov’è la regina di Giordania?

A proposito, che genere di
ombretto userà prima di scoparsi il sultano?

Comprerà forse quei nuovi
profilattici per donne ancora vietati in Italia?

Sembrerebbero sicuri anche se
poco pratici.

Servirebbe una buona campagna
informativa.

 

Con la tensione che morde tutti i
buoni figli delle etichette

come mosche incollate a una
ragnatela

questi uomini e queste donne
perfettamente urbanizzati

queste grigie proiezioni
ansiogene freudiane

questi rigidi cazzi,

queste tremolanti fiche in cerca
d’autore

questa  gente impaurita si chiede:

per chi applaudire stasera? E chi
eliminare?

Pizza o involtini primavera?

Destra o sinistra?

O centro?

O sole mio o O’ scarrafone?

Candido o Candida?

Il mio avatar, mi somiglia
abbastanza?

Perché se è così non va bene.

Carne rossa o bianca?

Gratto, ma se poi non vinco?
Perché se vinco, lo devo solo a queste unghie artificiali.

Il maiale basso e furbo volerà
ancora su questo paese?

Perché i maiali volano, questo è
certo.

Ci sbarazzeremo mai di questi
porci?

Negro o nero?

Zingaro o rom?

Frocio o gay?

E il volume? Troppo alto o troppo
basso?

 

Quando finalmente passo oltre
quella depravata pozzanghera del disastro umano

storicamente riconosciuto

quando le sirene di un’ambulanza
qualsiasi rincorrono strade qualsiasi

verso un altro infermo qualsiasi

e, proprio come il trillo nervoso
di una sveglia alle 6 del mattino,

quando hai ancora la bocca
asciugata dall’alcol,

la testa frazionata,

quando l’unica cosa che ti
rassicura dal non essere morto

è il tuo cazzo ancora tiepido e
duro

e il fatto che sei disoccupato

proprio così, allo stesso modo,

così come era venuto

quell’istante di vera reality

si scioglie nel tempo del reale.

Ed è proprio allora,

mentre mi avvio verso casa,

che strappo via dal parabrezza di
una macchina

il volantino di un hard discount
lì vicino.

La birra è in offerta: box da 6
meno di due euro.

Allora butto via il foglio delle
offerte,

mi scaldo le mani nelle tasche
dei pantaloni unti d’olio di pollo

e cambio strada.

 

 

 

Giuseppe Porcino – UN TAGLIO

 

Lo
strappo è un taglio, un punto di vista, una prospettiva da osservare.

Una
opportunità, una ultima, unica acerrima soddisfazione, arma in cattivo arnese.

Bile
rivolta fidata e concubina fedele squirta, aspergi la tua piccola morte.

 

Io
ho bisogno un dio da insultare.

 

Il
sale scioglierà i nodi già pettinati

un
solvente risolverà ogni cosa.

 

Balsamo
nel tuo sugo e sollievo, umore della tua grassa gioia.

Dammi
un secondo e ritorno sommesso come un cane peloso e ruffiano a te.

Come
sempre.

 

Ho
appuntato un riflusso di nausea, un’idea rugosa.

Avrei
ucciso qualcosa, solo per sentirmi ripieno.

Oggi
mi ha sorpreso il pudore.

 

Francesco Villari – Qualcuno t’è padre

 

 

Mettere tre dita distese sul tavolo sopra il quale hai
precedentemente steso un panno umido.

Le tre dita sono a scelta.

Non vergognarti di me che tanto non guardo.

 

Guadavano il fiume con le ali di un ridicolo ricordo di quel
giorno,

il giorno della fumata nera,

quasi distintamente nera,

il giorno prima.

 

Sezionare con chirurgica calma le parti in modo da definire
gli spazi ed accomodare,

onde preferibilmente preparato, sul letto oramai adatto alle
parti asciutte.

 

Mastodontico è l’occhio del ciclope che avvicendando le tue
postille ti ha messo le mani al collo,

vittima di te stesso senza le scuse di un essere angelico cianotico
e senza denti

che ritratto a fianco lo specchio del bagno faceva
decisamente paura.

 

Diligente divaricati. Riponi sette semi di Giuda sul terreno.

Ricoprili con solerzia ed avanzata coscienza non senza aver
pianto.

Mai, senza aver pianto mai.

 

Il ruolo della lotta è fisico discontinuo di padre.

 

Qualcuno t’è padre a te?

 

In verità mi disse che sarebbe stato buono e lo fece:

l’incanto metropolitano costò solo qualche centesimo.

 

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Pino Amaddeo – PENNELLI, GENITORI O CHI NE FA LE VECI

 

 

 

Ho anche pensato di farmi prete per dare un senso alla
mia esistenza. Io, credente da sempre e devoto alla madonna, al suo seno e a
tutte le sue altre grazie. Il miracolo della verginità della madre santissima
mi ha sempre affascinato, molto di più della conseguente passione del Cristo,
fattosi uomo per me, per te, per tutti noi, per togliere i peccati dal mondo
con le sue sofferenze e la sua umiliazione. Ho percorso il normale iter del
buon cattolico: battesimo, comunione e cresima.

Ma prima del matrimonio,
qualche mese prima del matrimonio, ero quasi deciso a prendere i voti e
lasciare la carriera di sposo, marito, genitore, educatore o di chi ne fa la
veci. L’abito da prelato  mi stava a
pennello ed io imbianchino da sempre ero stanchissimo di carteggiare  e stuccare e poi imbiancare, quasi sempre con
il solito colore e soltanto qualche spugnato per menti viziate, molto
probabilmente viziate dal loro stesso ingombro esistenziale. Ho avvertito in
tutti quegli anni che anche la mia esistenza si muoveva seriamente dentro gli
ingombri.

Dunque era giunta l’ora di cambiare e lasciarmi andare
definitivamente alla fede che aveva supportato tutti i miei malesseri
interiori, esteriori e a volte anche posteriori, la fede quella vera, fatta di
sofferenze ed umiliazioni proprio come nostro signore Gesù il Cristo. Ma… ahimè
mi sono aperto con la futura sposa, ho svuotato il sacco del mio costruire,
quel costruire che rapidamente avanzava dentro il mio io. Lei mi disse che
nella gioia e nel dolore sarebbe diventata madre.

È così che la mia fede ha
perso. E vissero infelici  e ancora in
cerca del colore giusto.

 

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Frigolandia: Passato e Futuro dell’Arte Maivista

 

 

 

“Frigolandia. Passato e Futuro dell’Arte
Maivista” è una prima organica Mostra dell’Arte Maivista, ovvero della
originale esperienza artistica nata alla fine degli anni ’70 con le riviste Il
Male e Cannibale, raccolta e promossa a partire dal 1980 dalla rivista
Frigidaire e tuttora viva e operante nell’ultima invenzione frigideriana: la Repubblica di
Frigolandia, Museo/laboratorio dell’Arte Maivista, che ha sede nel comune di
Giano dell’Umbria.

Per quanto riguarda la definizione di “Arte
Maivista” essa fu inventata nel 1985 da Vincenzo Sparagna e Andrea Pazienza,
fondatori dell’omonimo movimento artistico, per sua natura ironico, reale e
irreale al tempo stesso. L’Arte Maivista è infatti più che una teoria un’idea
beffarda e decisamente poco seria, ma proprio per questo adatta ad indicare un
modello di arte “altra”, né alta, né bassa, in fuga dagli schemi accademici e
di mercato, imprevedibile e quindi ovviamente imprevista, assolutamente
d’élite, ma anche profondamente popolare.

La mostra sarà inaugurata nella Sala della ex
Chiesa della Misericordia di Perugia sabato 13 febbraio alle ore 16 e resterà
aperta fino a domenica 28 febbraio. L’ingresso sarà libero e l’orario di
apertura sarà ogni giorno dalle 11 del mattino fino alle 19.

La
Mostra

è una ampia (in gran parte inedita) esposizione di stampe e tavole originali
prodotte dai tanti autori vecchi e nuovi di Frigidaire dal 1980 ad oggi. Tra le
rarità poster, riproduzioni d’epoca, istallazioni lignee. Schede di lettura
permetteranno di collocare meglio le opere esposte nel loro contesto storico,
editoriale e culturale.

Gli autori in
esposizione
:

Andrea Pazienza, Vincenzo Sparagna, Stefano
Tamburini, Franz Ecke, Cristoforo Sparagna, Filippo Scozzari, Massimo Mattioli,
Tanino Liberatore, Pablo Echaurren, Ugo Delucchi, Giuseppe Palumbo, Fabrizio
Fabbri, Andrea Renzini, Giorgio Franzaroli, Josè Munoz, Diamantis Aidinis,
Giorgio Carpinteri, Vincino, Roberto Perini, Macello Jori, Giuseppe
Teobaldelli, Alberto Ruggieri, Gianni Cossu, nonché i giovani Alessandra
Sawicki, Maila Navarra, Ivan Manuppelli (Hurricane), Giacomo Schinco, Saverio
Montella. Verrà esposto in anteprima anche lo speciale Portfolio realizzato da
alcuni cittadini frigolandesi su testi della giovane poetessa Manco e tavole di
autori classici e nuovissimi. In sala anche una piccola scelta di oggetti lignei
realizzati a Frigolandia da Luciano Biscarini.

Sull’Arte Maivista e Frigidaire si può
consultare il volume di Vincenzo Sparagna “Frigidaire. L’incredibile storia e
le sorprendenti avventure della più rivoluzionaria rivista d’arte del mondo”,
uscito nell’autunno 2008 nella collana B.U.R. della Rizzoli.

Vedi anche il testo
di Achille Bonito Oliva, storico collaboratore di Frigidaire, in Frigidaire
208, edizione extra-ordinaria della primavera 2006, dove è illustrato anche il
progetto del Museo/Laboratorio di Frigolandia, prima repubblica marinara di
montagna, fondata a Giano dell’Umbria nel 2006.

Nel depliant gratuito
che accompagna la mostra due piccoli estratti sul Maivismo di Vincenzo Sparagna
e Achille Bonito Oliva e immagini di Gianni Cossu, Vincenzo Sparagna e Andrea
Pazienza.

Info: Repubblica di
Frigolandia.
0742 90570 – 334 2657183 – frigolandia@gmail.com
www.frigolandia.eu

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Aldo La Serpe – TEMPO PRIMO (estrapolato da SOLO TUA)

 

Sono mie queste parole, queste
collette d’interni, o abbracci per contratto, o regole sotterranee, o ancora
cantine di frustrazioni? Chi sono gli uomini che troveranno fragore in me? I reclusi? Gli internati? Sono delle
parole queste? Dove sono chiuso? Dentro l’esplosione di una cella?

Diciamo che stavo seduto sul
water, sai cosa si fa sul water? Io lo so… io mi svuoto e poi mi riempio e
m’ingrasso e se crepo ingrasso i vermi e se non crepo sfondo …

Muovetevi miei cari sinistri,
miei cari ministri, miei cari ospiti al banchetto dell’emisfero cerebrale
affinché io sia posseduto. Stronza, vuoi che io sia posseduto? Già fatto! Da me
stesso…

Quindi spegnete la luce,
cavatemi gli occhi, strappatemeli che voglio più visioni. Bando al suono, e ai
colori, e che abbia pazienza il mare se lo rivelo ancora una volta. Sono stato
castigato dall’enormità una volta…

Che sia pure quel che merito,
io ora proprio sul punto di esplodere farò l’infame, e gli dei mi puniscano
anche loro se mi pentirò sul fatto di non scorgere dentro il cuore pieno
godimento nel rivelare il male fattomi ingiustamente… occhi pazzi dentro una
gabbia di pazzie e passioni.

A che punto sei mio fraterno
lettore?

Eccolo arriva. Si, è arrivato
con le streghe, non sarei mai riuscito ad immaginarlo altrimenti. Che
tempestoso inizio che è con tutti i suoi prodotti tipici, è un vero maestro.
Sono posseduto a metà come piace a lui.

Lentamente o dolcemente sale
da sotto al cuore e stimola quello che più può farmi paura. Ma si… amerò fino
in fondo il male o il bene, tanto poi mi sveglierò con le descrizioni più
belle. Coraggio bambini un due e tre fuori dal giardino dell’infanzia, ecco gli
odori, ecco la città oscurata, ecco la missiva di espiazione. Il vero massacro
è la verità se scovarla non la vogliate: il tuo mondo è salvo per una
bugia. Al sottosoccorso il corpo ha
poesie, non organi…

La beffa, la reclusione del
coraggio per non dire tutto, se solo avessi la certezza che il segnale al
giusto orecchio giungesse senza tramite dire, anche se di preciso al collettivo
non saprei che vomitare, la mia la dico bene adesso. La strada è calda come la
piena estate vorrei la coda di un felino e correre, ma ho i piedi quindi ecco
la miccia. Ma dove sono le mie braccia, il tuo riso e le nostre mani per mano
Signore? Non so a chi mi sono rivolto ma so di non essere confuso, sarò
preciso: sto sciogliendo il cuore goccia a goccia e poi un’altra e un’altra
ancora lentamente nel ventre della corsa che porta fino al mare, quello dove
sempre si tocca, lì non ho paura di affogare. Apri la bocca, i tuoi denti
bianchi e perfetti masticano aria fino all’essenza. Io ti guardo e non lo sai?
Non senti che vorrei sfiorarti? Non toccarti! Sfiorarti come piaceva a te … Lo
scrivo quanto ti adoro ma tu non guardi dove non so e dove immagino, e per
questa fantasia tremo, mi perdo e mi trafiggo prima di vestirmi a festa ed
uscire. Se io parlo o chiacchiero o aspetto e m’intrattengo cantando, cantando
potrei sentirmi lo stesso vivo. No, no, no vivo! Di certo lo sono! Allora,
diciamo, potrei sentirmi utile a me stesso.

Ricordo e arrossisco nel pensarci
su, che ero davvero triste davanti agli occhi suoi e non capivo come mai, e non
lo comprendo neanche al momento, boh sarà che adesso non mi importa un bel
niente credo… forse non sto rimuovendo un granché … Bah… poco conta quel che
dico, in questa circostanza confusionaria il mio massimo è l’innato non il
peso. Il vero sovversivo oggi è chi non si lamenta, io penso di lamentarmi su
qualche cosa di preciso, no forse sono un po’ arrabbiato con Dio perché non
trovo troppo piacere ad avere troppa coscienza e decidere d’avere troppa testa
sulle cose che in qualche maniera contano. Contatemi i capelli che mi esplodono
e perché! Parole a vuoto anche per me, si le mie, le mie, le mie
parole … le mie parole d’amore. Denunciatemi a me stesso che voglio confessarmi
ad un possibile rappresentante di Dio e assolvermi se tutto torna… se… Non
darmi l’amore se tieni alla mia salvezza, capisci cosa esigo, non ricoveratemi
dalle megere. Non darmi la ragione ancora per un Po…poco! Vorrei che il grande
acquazzone che si tuffa nel piccolo fiume divenisse donna da mordere e che
fosse un buon canale all’inferno che cerca lo sfogo immenso.

Ci pensi, le alghe
muoiono di fame, perbacco, di fame, non è stupidamente ironico che le alghe
abbiano fame? Io pensavo fossero in acqua per la sete primitiva come una sorte
di grazia.

Io pensavo tante cose anche
che tu fossi mia, ma tu sei solo tua. E porco del tuo dio anche io sono solo
mio.

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