OFELIA E BIAGIO di Pino Amaddeo

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Quando il sole sorgeva, Biagio stava lì a guardare e non pensava a niente, qualche volta gli scappava una lacrima ma soltanto perché sapeva che l’indomani era troppo lontano per potersi godere un’altra alba. Biagio era uno scultore, l’unico scultore del suo paese. Pur essendo delle vere proprie opere d’arte, vendeva i suoi lavori a prezzi irrisori. Usava vecchi giornali per realizzare le sue opere. Quando il sole sorgeva, Biagio sorrideva e non pensava a niente ma certe volte gli scappava una lacrima. Stava seduto sempre sulla stessa pietra, guardava l’alba e poi tornava nella sua vecchia capanna e iniziava a lavorare la sua cartapesta.

Generalmente realizzava animali. Il lavoro più importante l’aveva venduto ad un suo vecchio amico avvocato per venticinquemila lire, era un falco pellegrino. Biagio viveva da solo in quella vecchia capanna da ventidue anni. Almeno una volta al mese, Ofelia andava a fargli compagnia, era una sua ex collega di banca e già da allora la sua amante. Quando lui decise di andare a starsene da solo con le sue albe e la sua cartapesta, lei non volle seguirlo, ma l’amava e almeno una volta al mese andava da lui. Parlavano un po’ di come funziona la vita in città e poi facevano quel che fanno due persone che si amano.

Per i primi anni, Ofelia provò a convincere Biagio a tornare in città, ma non ci fu nulla da fare, aveva deciso che il mondo non faceva per lui ed invece di farla finita scelse le albe e la cartapesta. Ofelia lo amava davvero ed anche Biagio era felice di stare con lei almeno una volta al mese. Facevano l’amore e prima parlavano un po’ di come funziona la vita in città. Ofelia non era bellissima, a dire il vero non era bella, ma sorrideva e piangeva come nessuno al mondo, senza fare troppo rumore. Una sera Ofelia chiese a Biagio un lavoro di cartapesta. “Fammi quello che vuoi, un cane, una tigre, quello che vuoi tu. Un capolavoro tutto per me per tenerlo sul mio comodino”.

Il mese successivo, Ofelia si recò da Biagio e questo le disse: “prendi la tua statuetta di cartapesta, è quella li che sta sulla pietra di fronte al sole che sta tramontando”. Era la più bella madonna che Ofelia avesse mai visto, la lasciò sulla pietra e andò via. Il mese successivo Ofelia ritornò da Biagio, parlarono un po’ di come funziona la vita in città e poi fecero quello che fanno due persone che si amano. Quando il sole sorge, Biagio sta lì accanto alla pietra e non pensa a niente, aspetta la prossima alba e qualche volta sorride oppure gli scappa una lacrima perché l’indomani è troppo lontano. Ofelia sorride ai clienti davanti allo sportello ma arriverà il mese d’aprile e tornerà da Biagio per parlare un po’ di come funziona la vita in città e per fare quello che fanno due persone che si amano e la madonna di cartapesta aspetterà il tramonto.

(2013)

Gianni Cusumano – POST IT

 

 post-it

 

 

C’è solo un problema con le poesie:

sembrano brevi.

Cosicché tutti

pensano che sia facile

metter su

una parola dietro l’altra,

regalandoci

inferni di merda

di cui avremmo

volentieri

fatto a meno.

La prossima volta,

pensaci.

Pino Amaddeo – A VERITA’

prezzemolo

 

 
Vi inchiti a bucca i maestranza
e non sapiti mi faciti u paru e sparu

‘Nto stramenti chi ieu mi ‘mbriacu i vinu
vui vi stati ‘mbriacandu assai i minchia

U signuri sapi? U signuri chiacchiariava
e vui aviti a jari mi vi’ zappati u favu

‘Nto stramenti chi ieu nisciva pacciu
vui vi inchivuvu u culu i putrisinu

“Mancu pu cazzu” era l’ideali
e u purtastivu paru fino ‘o sbombicu

‘Nto stramenti chi ieu ciangiva
vui ci nacuvuvu u pecuru

Ma si vuliti mi sapiti a verità, ieu va dicu:
è megghiu mi vi ‘nfurnati ca merda
(2013)

Pino Amaddeo – LA BOTTEGA DELLE COSCIENZE E’ CHIUSA PER FERIE

 

coscenza

 

Erano già trascorsi 2013 anni da quando l’Onnipotente
si era alzato dal letto col brutto pensiero di farsi uomo
e con il mondo sempre più sommerso dalla merda
c’era chi continuava ad annacquare vino e coscienze.

L’Onnipotente era sceso quaggiù per salvare gli umani
per togliere i peccati dal mondo,
tipo: non far desiderare la donna d’altri
non uccidere i propri simili e tante altre cose serie
e meno serie… storie di pietre che diventarono affari.

Dall’avvento del Signore all’avvento di Ratzinger
l’essere umano aveva fatto passi giganteschi
in tutti i campi. Aveva imparato ad odiare meglio
e con grande professionalità.

Armi chimiche e nucleari
per svolgere bene i compitini.

Era l’anno 2013 e c’era chi continuava
ad annacquare vino e coscienze.
Ma l’Onnipotente altre volte si fece uomo
e l’elenco è lungo, troppo lungo.
“Ama il prossimo tuo come te stesso”
questo era lo slogan che sembrava vincente
ma evidentemente i conti
senza l’oste non tornano mai
e sulle coscienze c’è tanto da studiare.

(Gennaio 2013)

Foto di Marco Chirchirillo

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Pino Amaddeo – SULLE TUE ORME

 

orme

 

Dovrò continuare a nascondermi ancora per molto
dovrò continuare a nascondere le mie intenzioni.
Troppo presto ho dato fuoco a quelle maledette idee.

 

Verranno a cercarmi e mi faranno domande posticce
verranno a cercarmi per ribaltare il nostro destino.
Mi ricatteranno come sempre e non mi arrenderò.

 

Ci saranno ancora soldati ed avrò paura
ci saranno ancora vigliacchi e dovrò lottare.
Mi sorveglieranno fino all’ultima sconfitta.

 

Dalle mie lacrime trarranno altre conclusioni
giudicheranno sommariamente il mio agire.
Le conquiste verranno messe al bando.

 

Sono consapevole che sarà un gran bel viaggio
perché sulle tue orme vorrò proseguire.
Sulle tue orme calpestate dalla mediocrità.

 

Francesco Villari – CONTROLLA BENE

manometro_ossigeno

 

Stai rubando l’aria che respiri.

Rubando, si.

 

La storia che ti hanno insegnato,

quella che vuole che sia un diritto di tutti,

è falsa.

 

L’aria che respiriamo dobbiamo guadagnarcela.

 

Stai rubando l’aria che respiri.

Controlla il manometro,

dovrebbe essere costantemente sul rosso.

 

Controlla bene.

 

Poi prendi il telefono,

fai un numero a caso tra quelli in rubrica

e chiedi scusa.

 

Poi basta.

 

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Francesco Villari – UN MERCOLEDI’, SE NON RICORDO MALE

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Era il 23 aprile del 2012,

se non ricordo male un lunedì,

il giorno prima mi sa di aver fumato una sigaretta sulle scale della chiesa

una chiesa piena, sarà stata domenica o sarà morto qualcuno.

 

Se non ricordo male era tempo di crisi

una crisi di identità che picchiava forte,

che picchiava ai fianchi con cattiveria,

che sputava in faccia la propria ignobile volontà di farci credere il falso.

 

Mi ero ripromesso di non dare più corda

a quel cagnolino che era il presidente del consiglio

ma i cui consigli non servivano davvero a nessuno,

come quelli di un prete che mi spiega come fare per essere un buon padre.

 

Mi ero ripromesso di non dare più corda a nessuno

perché di corda me ne era rimasta poca

e se anche di voglia ne avessi molta non mi interessava

prestarmi al gioco delle tre carte che poi alla fine erano

“Trivulu” “Malanova” e “Scuntentizza”.

A te andrebbe di giocare?

 

Era il 23 aprile del 2012 e pensavo soltanto a finire la giornata di lavoro

a smacchiare la camicia dell’alone di vino che l’altra sera

mi è finito addosso,

ero con Ciriaco

che nonostante i bei discorsi democristiani

non aveva un cavatappi.

 

Era il 23 aprile e volevo tanto che fosse il 24.

 

Il 24 aprile 2012 trovai un ingaggio a giornata.

Mi avrebbero pagato in totale 10 euro per un lavoretto di 6 ore

minuto più o minuto meno,

ma ricordai che il 23,

giusto il giorno prima,

c’era la crisi

e stamattina al bar non ho sentito nessuno parlare di una fine della crisi.

Mi accontentai di 10 euro, mi accontentai.

Si avvicinavano le elezioni e avrei barattato il mio lavoro

con la certezza che nessuno si sarebbe avvicinato alle urne.

 

Quando hai un ingaggio a giornata da 10 euro non pensi agli eroi,

non pensi a chi ti promette cose che non si dovrebbero promettere

non pensi per niente che una faccia così di merda possa cambiare di colpo la tua giornata

non gli dai credito

semplicemente perché non lo merita.

 

Quando hai un lavoro sicuro,

un lavoro che ti sei meritato per capacità,

un lavoro per il quale non devi ringraziare nessuno se non la tua voglia di seguire le tue propensioni

un lavoro che ami e per il quale non ne fai mai una questione di soldi,

quando hai questo tipo di lavoro dovresti pensarla come quello dell’ingaggio a 10 euro a giornata.

 

Quando invece qualche faccia di merda ti ha ben inserito nel sistema lavorativo

del 2012, anno della crisi, allora sei automaticamente una faccia di merda pure tu,

potresti anche andare a votare, così come ogni tanto vai a rifarti il trucco.

 

Pensavo questo la sera del 24 aprile del 2012,

ma venivo da una brutta giornata di lavoro

e fuori dalla mia porta qualcuno si uccideva perché non sapeva più

come fare per andare avanti:

decideva di fermarsi,

piuttosto che accettare di tornare indietro.

 

Poi la mattina del giorno dopo mi son svegliato

era il 25 aprile

mancavano 250 giorni alla fine dell’anno

e in giro c’erano ancora parecchie facce di merda.

 

Mi diressi in bagno, aprii l’acqua fredda e mi sciacquai il viso.

Lo trovai rugoso e mi cercai allo specchio.

 

Assomigliavo paurosamente a mio nonno.

Ero diventato mio nonno.

 

E mi trovai dentro i suoi ricordi di 67 anni prima,

e i due giorni precedenti di quell’aprile 1945 erano stati ben diversi dai miei.

 

Alla sua porta non c’erano ingaggi a 10 euro ma c’erano i fascisti.

C’erano ancora i fascisti capito?

 

Si sentiva dire che gli Alleati erano prossimi ad oltrepassare il Po,

che i nazi-fascisti stavano battendo in ritirata

e che la Repubblica di Salò stava per consegnare le proprie infamie alla triste storia

di una nazione che stava per essere liberata.

Mio nonno non sapeva cosa sarebbe successo in futuro.

 

Mio nonno non sapeva ancora che la liberazione

non si sarebbe verificata neanche 67 anni dopo

e lasciava che il partigiano Sandro Pertini proclamasse lo sciopero generale

e che i Comitati di Liberazione Nazionale stavano per nascere in tutti i paesi,

anche a Bagnara Calabra, si,

per “il bene di questa nostra, tanto bella quanto sfortunata terra”.

 

Cosa avrei potuto fare io?

Cosa avrebbe dovuto fare mio nonno era facile,

imbracciare un fucile e combattere

contro questa assurda dittatura politica e culturale

contro questa vergognosa imposizione gerarchica diretta verso un apice pelato.

Avrebbe dovuto amare mia nonna ogni altro giorno della sua vita,

amarla in quel 1945 e ogni altro giorno della sua vita.

 

 

Mi sciacquo la faccia con l’acqua fredda,

al tatto torno ad essere io,

come fosse stamattina,

e non ho voglia di farmi la barba che mi porto dietro dal 1945.

Fuori dalla mia porta la crisi, le facce di merda con i loro volantini elettorali

e neanche un ingaggio da 10 euro, perché oggi è festa.

 

Cosa dovrei fare io?

È il 25 aprile del 2012 e si, ho tanto voglia di ricordare:

ho voglia di ricordare cosa è stato fatto 67 anni fa

ed ingoiare i proiettili

e trasformarmi in un fucile

dalla cui bocca arriveranno i vostri peggiori problemi.

 

Tanta voglia di continuare a combattere.

 

A resistere.

 

A resistere per esistere.

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Pino Amaddeo – LA BOTTEGA DELLE COSCIENZE E’ CHIUSA PER FERIE

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Erano già trascorsi 2013 anni da quando l’Onnipotente
si era alzato dal letto col brutto pensiero di farsi uomo
e con il mondo sempre più sommerso dalla merda
c’era chi continuava ad annacquare vino e coscienze.
L’Onnipotente era sceso quaggiù per salvare gli umani
per togliere i peccati dal mondo…
tipo: non far desiderare la donna d’altri
non uccidere i propri simili e tante altre cose serie
e meno serie…Storie di pietre che diventarono affari.
Dall’avvento del Signore all’avvento di Ratzinger
l’essere umano aveva fatto passi giganteschi
in tutti i campi. Aveva imparato ad odiare meglio
e con grande professionalità.
Armi chimiche e nucleari
per svolgere bene i compitini.
Era l’anno 2013 e c’era chi continuava
ad annacquare vino e coscienze.
Ma l’Onnipotente altre volte si fece uomo
e l’elenco è lungo, troppo lungo.
“Ama il prossimo tuo come te stesso”
questo era lo slogan che sembrava vincente
ma evidentemente i conti
senza l’oste non tornano mai
e sulle coscienze c’è tanto da studiare.

 
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Pino Amaddeo – IL DIABETOLOGO

 

Eravamo già allegri e stanchi, quando arrivò Carlo
spiritoso al momento giusto, serio all’occorrenza,
di buona famiglia, di sinistra, credente non praticante
Carlo è un diabetologo di fottutissima fama.
La sorella di Carlo è sposata con un boss del quartiere
gente di buona famiglia, seri all’occorrenza
spiritosi al momento giusto. Dio ha perso!
Questo è, questo e altro ancora
tantissimi Carlo intorno a me
troppi, davvero troppi
quando il vino finisce
anch’io mi sento un po’ Carlo
quando conto i miei peccati
peggio che andar di notte
che cazzo significa peggio che andar di notte?
Carlo tu lo sai che cazzo significa?
Pecco in ogni momento
dio cristo!
Vedo una bella donna e pecco
Solo a vederla pecco
figuriamoci se ci prendiamo un caffè
E poi la domenica, il padre e la madre
e tante altre belle cose
ma sul nome di dio invano non pecco mai
no, non lo nomino mai invano.
Gira intorno a me un da qualche anno
un ragazzaccio di strada
e mi accarezza spesso
e crolla tutto
dogmi, proverbi,
bibbie
più o meno sacre
non ho l’anima
eppure lui mi gira intorno.
Sacra per me è solo la coscia di Giovanna
lei prende in bocca il mio uccello
con la stessa passione dei rivoluzionari.
Quasi quasi Carlo mi ha convinto
ma io non ho il diabete
e sono un praticante non credente
spiritoso solo quando sono serio.
Dio ha perso per colpa dell’insulina

Gianni Cusumano – ANCORA UNA

 

Il tempo di non impazzire,

raccogli le ossa

gli spiccioli

la spazzatura

e ti fai largo nel mondo

come la prima volta,

come ieri,

come l’avevi immaginato,

come sempre.

Il tempo di una birra,

forse due

magari tre

quattro sarebbe meglio,

aspetti il tuo resto

saluti il barista

e trovi un angolo di strada libero

per sederti

e guardare la vita brulicare

e galleggiare

e svuotarsi lentamente

come l’ultima bottiglia.

Il tempo di una sigaretta

magari due,

magari tre

per sentirti l’anima esplodere in alto

nel cielo,

un sussulto vitale di energia

che bombarda l’aria,

le nuvole,

le stelle,

che feconda la luna

e i venti dell’universo,

che danza saltellando

di luce blu infiammata

tra le mani sporche di vita

di un induista senza casa.

Il tempo di una pisciata,

forse due,

meglio tre

e poi schivare il cristianesimo

e i messaggi di dio su carta patinata

e tenere il passo fermo,

uno dopo l’altro,

dritto verso la meta,

dritto verso casa,

dritto verso il chiosco prima di casa,

ringraziando dal profondo

del tuo sacro cuore svuotato

tutti i coraggiosi,

i santi,

gli empi e gli ubriaconi

del passato,

del presente

e del futuro,

tutti gli uomini senza fede

seduti ai tavoli di bar senza nome,

grazie,

grazie,

GRAZIE.

Il tempo di stapparne ancora una,

ancora una,

ancora una

e poi nuotare

nuotare,

nuotare…