RASSEGNA STANCA (Rubrica per quelli che non leggono i giornali, ma si fermano ai titoli)

02.04.2014

“PERSI MILLE POSTI AL GIORNO”

titolo da IL GIORNO del 02/04/2014

 

Piovono

Esseri

Ridicoli.

Sempre

Ieri,

Misero

Intorno ai

Lampioni i

Lucchetti

Esistenzialisti e

Piansero da

Occhi

Sbavati di

Trucco.

Includere all’

Accordo la

Logica della

Gioia

Incauta dell’

Oracolo mi

Risparmia la

Naturalezza dell’

Ok.

 

 

 

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Pino Amaddeo – MA CACCIAI CU VENTU I TERRA

praterie

 

 

Ho scoperto che siamo tutti morti
e che siamo all’inferno e che dio c’è
e ci ha pure castigati severamente
ci ha spediti all’inferno e “fici bonu”
Ho scoperto che tua sorella non m’ama più
ma chi cazzo se ne frega?
Siamo all’inferno.
Ho scoperto gli altarini e dio s’è incazzato
s’è incazzato anche qui all’inferno
non c’è più rispetto per i confini.

Passeggio col mio cane nelle praterie infernali
passeggio e canto “bandiera rossa”
almeno qui posso farlo.

Ho scoperto che questo non è il mondo
questo è l’inferno. Dio cristo!
Ci organizzeremo anche qui
sappiatelo, non è una promessa
non è una minaccia, ci organizzaremo anche qui.
Si non si fira nuddu, parru ieu cu diu
ma viu ieu, ma viu ieu a ‘ddaveru
e non a chiacchiari, parlo io col padreterno
voi però impegnatevi
nel cercare qualcuno che possa parlare con Renzi.

U sacciu, u sacciu…
vi ho dato un compito impossibile
e ieu ma cacciai cu ventu i terra.

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Pino Amaddeo – SERA DI FEBBRAIO

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La sera sembrava una sera quasi come le altre,

la gioventù cercava il disordine,

lo spettacolo cercava l’ozio

e Satana puliva la sua maledetta pipa.

La sera sembrava poco eccitante col disordine disciplinato dalla strafottenza,

con l’ozio che marciva

dentro una carezza mancata

ed il buon Dio

senza tabacco

aspettava la prossima preghiera.

La sera sembrava una sera che aspettava il prossimo Marzo,

i colori della sua fantastica smania,

le palme

e qualche poesia pronta a far cagare addosso una miriade di nemici.

Chi ha sorrisi da farsi scontare si metta in fila,

il santo passerà

ancora una volta

dalle vostre case e poi

un’altra ancora ed ancora,

ancora altre volte.

Coloreremo altri peccati

e

forse

rifaremo la facciata alle nostre bugie vincenti.

 

 

 

 

(foto da worldwar2database.com)

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Pino Amaddeo – ADESSO

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Ti teni i tanti rami
ma su rami fragili.
Fragile è il tuo essere.
Ti inchi cu significati umani
ma poi ti ‘mbrischi ca merda.
La notte è scura.
Ti ‘ncazzi
ma non è veru nenti.

Devi piangere davvero.
I chiacchiri
si leva piddaveru u ventu.
Ho perso senza arrendermi mai.
Ma tu sti cosi ne capisci
o megghiu…ti ‘ndi futti.
Ve ne fottete della vita.
Siti tuttu faccia e facciati
siti faccioli, pirditi e vi rrinditi.
Le differenze sono sostanziali.
Si sugnu feritu è curpa tua
è curpa vostra, ‘nfami!
Bussate, bussate forte.
Non aviti forza e non aviti caddi
e tutta a feccia è pronta pu natali.
Adesso è una gran bella parola.

 

 (Foto di Eva Rubinstain)

RASSEGNA STANCA (Rubrica per quelli che non leggono i giornali, ma si fermano ai titoli)

02.02.2014

“L’ESSENZIALE È LA COMUNIONE”

titolo da L’OSSERVATORE ROMANO del 02/02/2014

 

Libertà ed

Espressioni.

Senza i

Sogni l’

Esercito dei

Necrofili

Zappa

Imboccando

Azzardato

L

Emissario di

Erode.

Lingue

Ascoltatemi:

Cucinerò l’

Odio

Mantecando l’

Urgenza della

Novità

Imposta da

Ordini ex

Nìhilo.

Eureka!

 

 

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ALBERTO CARISTO – Nell’ombra Dio ringhia e fa il saluto romano, allo scoperto ci fa le coccole vestito da Ministro delle pari opportunità, della ricerca e dello sviluppo.

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Verrà la guerra e non sarà come l’abbiamo immaginata.

 

Verrà la guerra e avrà il sapore della polvere sollevata dalla fame e dalla miseria.

 

La classica guerra fra poveri.

 

Gli interessi politici saranno armati dall’ignoranza,

sarà una guerra tra nani da giardino, mendicanti e mentecatti.

 

Le ideologie saranno quelle di Arlecchino, Pulcinella e Balanzone.

 

Sarà il grado zero della nostra umanità.

 

Combatteremo vergognandoci,

daremo in pasto le nostre creature al grande pupazzo di immondizia,

lacero, al bordo delle strade, al confine della nostra immaginazione.

In testa non avremo tribunali,

ma concentrazioni massicce di non-appartenenza,

non-curanza,

obiettivi usa e getta,

storie da riciclare,

amori da barattare,

sogni e speranze da idolatrare.

 

Ciechi e nudi di fronti ad esse,

senza personalità,

senza identità,

tenteremo l’ultimo assalto al cuore metallico del potere per scoprirci suoi ingranaggi,

personaggi di una triste rappresentazione teatrale,

comparse all’interno di un meccanismo con pause ed espressioni perfette,

silenzi striscianti come tentacoli,

beatamente intrappolati nella macchina Mangia-e-succhia,

appesi con i piedi perfettamente saldi al suolo,

realisti nel senso più surreale del termine,

impiccati al cadavere dei nostri progenitori,

come un’appendice del loro fallimento,

un’escrescenza informe del loro bisogno di realizzazione.

 

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Pino Amaddeo – MACELLAIO PENTITO

carta igienica

 

 

È proprio vero, i rotoloni regina non finiscono mai
c’è merda per tutti, carta igienica a iosa.

Domani si vota, dobbiamo voltare pagina
rileggere una pagina uguale, identica a quella precedente
c’è merda per tutti, carta igienica a iosa.

Cazzo!!! È vietato bestemmiare.

Gente, voglio dirvi una cosa importante :
non credo più a niente.
Gente sono anch’io una gran testa di cazzo
certamente lo sono anche io,
ma non voglio vendere le mie parole
non vendo programmi o soluzioni.

Ascoltatemi bene, mi è passata pure la fame
perchè se mangio poi devo defecare
e ho bisogno dei rotoloni regina.

Sono stato radicale,

liberale,

fascista,

socialdemocratico,

carbonaro,

un po’ monarchico

e poi anticlericale

è vero i rotoloni regina non finiscono mai

c’è merda per tutti, anche per mi chiama nichilista.

Voglio imparare a dipingere senza petrolio
tra milioni di rifiuti, io ex imbianchino,
macellaio pentito, comunista perverso
oggi ho pulito il mio culo con i rotoloni regina.

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Pino Amaddeo – C’È DA MENARE LE MANI

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Ma c’è da ridere oppure da menare le mani fino a Pasqua?

La Grecia approva in parlamento nuove misure economiche.

Qui è tempo di consultazioni elettorali e di galletti in cravatta.

Il Cile trema ancora e stavolta Pinochet non c’entra un cazzo.

C’è chi seziona un suo simile e poi getta i pezzi nel Naviglio.

La confusione regna sovrana a destra e a manca, ma al centro?

Il comma in questione risolverebbe la questione, cazzate!

Avrei dovuto continuare la mia corrispondenza con Satana
ma lui adesso si trova in un mondo senza resurrezioni
senza parlamenti, senza terremoti, senza grandi teste di cazzo
senza luoghi comuni e soprattutto senza Comuni fuori luogo.

Ma c’è da ridere oppure da menare le mani fino alla vittoria?

Ecco, ecco finalmente Satana ricomincia ad accarezzarmi.

Ho fame, tanta fame e adesso è tornato il mio complice.

Continuate a pregare, i giorni e le salsicce sono cose diverse
e l’erba del nostro vicino è ancora troppo verde.

Rendiamo grazie a Dio.

(P.A.2010)

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Pino Amaddeo – LA SCONFITTA DI UN BUFFONE

futuro

Con il mio sudore
con le mie bestemmie
con le mie sofferenze
vai a comprare il tuo pane.

E poi scrivi, legiferi
giudichi, analizzi
Che cosa?
Che cosa stai facendo?

Quando ti parlo non ascolti
quando devi ancora imparare
già offendi la vecchia Rivoluzione
e poi scrivi e spegni il futuro.

Come sempre, spegni il futuro
e questa tua maledetta mania
dovrebbe già essere riconosciuta
come il peggiore dei vizi.

Ed io non avevo nemmeno capito
che nel tuo dna c’era scritto così:
ne riparleremo al momento giusto.
La prossima volta.

Non esiste una prossima volta
esiste tutto adesso
con la sconfitta di un buffone
mentre tu, fotti sorrisi veri.

 

 

 

(foto di Giovanni Dall’Orto)

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EUTANASIA PATOLOGICA –Hasael–

 

post post..

Un drappo, liso e marcescente, pigramente dondola nel vento.

Un istante, un’immagine scorta quasi di sfuggita lungo la statale, che si ripropone nitida e placida tra una boccata di narghilè e un chiassoso discorso polistrumentale su crisi, urbanistica, musica e salsicce polacche.

Melassa gusto cocco e thc fanno il resto, le immagini strappate a fugaci occhiate incastonate nella memoria inconscia si susseguono cavalcando le increspature di un discorso affollato, a tratti inconcludente. Attimi di stallo semantico vengono colmati dall’idiozia in libertà vigilata, sputata con la cadenza di un fucile d’assalto, da una bocca troppo usa ad orazioni orfane di significato, costruite con un vocabolario tanto misero da sopravanzare il fastidio.

L’indagine sul “tipo”, l’essere medio, l’uomo qualunque, si tinge di toni asfittici quando trova l’essere perfettamente mediocre, inabile al ragionamento, incapace di staccarsi da quel maledetto senso comune.

Il mio rancoroso rimuginare si arresta sull’inutilità dell’odio verso questa creatura inutile, troppo puro questo sentimento per sprecarlo con chi non sa nemmeno odiare.

Queste lande pigre, simulacro sterile di un passato glorioso infrantosi sotto il suo stesso peso, continuano a macinare operosità, senza operare una continuità produttiva tra ciò che era e ciò che è. Ancora sbronzi non si rendono conto che la festa è finita; restano solo macerie e un grosso conto da pagare. Non c’è consolazione nel far finta di odiare finti colpevoli, non c’è sazio nel cercare di stanare un capro espiatorio che punta le zampe, non comprendendo il perché, dopo una vita misera di calci e sputi, ora lo si voglia condannare a morte. La ricerca dell’altro cui affibbiare il conto è assai vana.

Altro giro di narghilè altro thc a dar manforte al pensiero, altro tabacco a rafforzare il sapore di catastrofe in bocca, la serata prosegue scossa da atomi di coscienza libera, troppo piccoli per sfuggire alla gravità della situazione. Stanza in penombra, esistenze limitrofe nella comune vicinanza al fastidio, con un chirurgo pazzo alla tv che toglie nei imperfetti con un trapano da carpentiere, animosa allegoria di luogo nel quale si cerca di assaporare l’esistenza negata togliendola ad altri, un turbine di invidie e delazioni, contrappuntate da una insana sete di santa giustizia forcaiola.

A grappoli cadono, falcidiati dalla nera mietitrice, torchiati a caratteri cubitali nella cronaca di periferia, ogni paese ora ha la sua disgrazia da sbandierare, tra un suicidio rocambolesco e una famiglia sterminata dalla follia del non aver più nulla, ci si sente meno periferici in quanto molto prossimi al centro dello scarico. Notizie che non suonano più squillanti come prima, siamo alle serie dalla serie, siamo alle storie parallele di una storia già inflazionata e ripetuta, siete in ritardo i morti della vostra disperazione non se li fila nemmeno il tg regionale.

Indietro anche con la disperazione, una disperazione che non penetra più in quanto non c’è rimasto nulla da penetrare, tutto disfatto, lercio e dissolto, delle solide sicurezze rimane un brodo mefitico di esistenze distillate, rancore e slancio suicida.

Si diradano gli astanti, si dilegua anche il chirurgo, sostituito da una splendida vetrina di aggeggi domestici made in USA, inutili come ogni prodotto che si ostinano ad esportare, primo tra tutti la democrazia. L’inutilità si dissipa cavalcando la sua auto made in Italy, rimaniamo noi, quattro rancori seduti ad un tavolo, in una stanza invasa dall’invadenza americana, sparata da un buon catodico Olandese. Si placano le mascelle, si affievoliscono le increspature del non sesno, tutto assume una tonalità di promettente e radiosa serenità. La bandiera stinta che penzola da un’asta in pvc rimbalza tra la retina e un senso dello stato in agonia; l’erba alta, il cancello chiuso, i vetri sporchi, il piazzale assolato e muto, rimandano l’eco di un oblio cominciato due lustri addietro, quando doppiato l’apice della ricchezza, si sono accorti di andare contromano.

Uno schianto lento e melmoso, uno sparo al rallentatore, un’agonia infinita, un acquario di melassa color seppia che inghiotte tutto.

Ma almeno siamo noi, quattro, soli; non si parla di futuro, si evita il presente, si supera il passato, si analizza l’istante, il gesto.

Non siamo gente dedita al lamento, siamo solo quattro menti pensanti, a quattro passi dal nulla che incombe.

 

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